LE RECENSIONI DELL'A.D.G.P.A. Con il moltiplicarsi delle opere autoprodotte abbiamo deciso di non aggiornare più questa pagina per l'oggettiva impossibilità di recensire tutti i lavori meritevoli di attenzione ma di lasciarla comunque visibile per non dimenticare gli album già presi in considerazione.
MASSIMO ALVITI “…in un giorno di pioggia” Fingerpicking. Net Il titolo non deve trarre in inganno facendo pensare ad un’opera malinconica perché “in un giorno di pioggia”, album d’esordio di Massimo Alviti, è, al contrario, un contenitore di musica solare e, cosa che non guasta mai, di ottima qualità: un fingerpicking melodico e armonicamente evoluto. Il CD inizia con l’autore che fischietta sotto la doccia (“Forse una canzone”) e si conclude con la pioggia che lo bagna mentre è in attesa di un autobus virtuale (“Meravigliosa tenerezza”). In mezzo 14 brani godibilissimi con alcune punte di eccellenza (“Aspettando Paul”, “Le navi di Alfredo”). Di tanto in tanto si incontrano delle accordature aperte (DADGAD, DADF#AD, Dropped D) o composizioni che rappresentano omaggi dichiarati ad artisti come i Byrds, Ennio Morione, Paul McCartney e Antonello Venditti (o alla Roma ?). Non mancano dediche a persone ben determinate (al padre, al figlio, ad un amico lontano, al Ven. Ghescé Sonam Jangchup), altre a “chi sa volare leggero sulla vita” (“La farfalla”), a “chi ha il passo deciso e sa dove andare” (“MT March”) o, più in generale, agli eroi della Beat Generation. Chitarrista di formazone Classica, Alviti si dimostra compositore di classe che ha saputo far tesoro non solo degli studi effettuati presso il Conservatorio S.Cecilia di Roma ma anche dalle collaborazioni con i nomi illustri del fingerstyle italiano, Rodolfo Maltese sopra tutti.
MASSIMO ALVITI
MASSIMO
ALVITI & RODOLFO MALTESE Alma
Edizioni
Terre Sommerse Il
titolo del disco nasce dall’unione dei cognomi dei due musicisti che
lo hanno inciso ma il significato della parola così formata (anima)
ne descrive idealmente il contenuto. Si tratta di musica fresca e
splendidamente suonata che, alternando composizioni originali a quelle
di autori come Lennon-Mc. Cartney, Pat Metheny e Salinas-Gonzales, pone
in primo piano il grande affiatamento tra due chitarristi che non solo
mettono l’anima in quello che fanno ma posseggono anche una sensibilità
accentuata che li rende simili e complementari al tempo stesso. Il
romano Massimo Alviti vanta rigorosi studi classici ma anche una decisa
apertura verso altri stili come il jazz ed il fingerstyle, mentre
Rodolfo Maltese è ritenuto da molti un vero e proprio mito per
l’indubbia importanza che ha avuto nella musica italiana grazie alla
sua militanza nel Banco del Mutuo Soccorso; importanza che continua ad
avere per la varia ed intensa attività artistica, sempre all’altezza
del rispetto di cui universalmente gode. Alma
si compone di 11 brani in cui gli interventi di Massimo e Rodolfo si
equivalgono grazie ad un continuo scambio di ruoli che consente ad
ognuno di loro di esprimersi compiutamente. La caratteristica più
evidente dell’opera è costituita dalla precisione degli incastri
sonori; una precisione che deriva dall’abitudine a suonare insieme e,
soprattutto, dal piacere che i protagonisti traggono dal farlo. Due
composizioni su tutte: la solare La vecchia radio di Alviti e
l’avvolgente ed ispirata Il volo del Gabbiano di Maltese.
TONI BALOCCO
TONI
BALOCCO Pittore
prima di essere chitarrista, ha cercato, in questo cd, di miscelare la musica ai
colori usando le atmosfere sonore per imprimere su di una tela virtuale le sue
emozioni. Ogni
brano sembra, così, avere la forza evocativa di un quadro. Quello
d’apertura, Budo (un surreale interloquio tra Darma Lampadina e Lupango
Tarango), evoca un poetico dialogo tra il divino e l’umano mentre Danza
Nuziale di un fagiano innamorato è una vera e propria danza in stile
bretone. In
Colori, la composizione che dà il titolo all’album, la
tavolozza viene sfruttata senza risparmio per alternare pennellate sonore sempre
diverse su di uno sfondo ipnoticamente monocromatico. Il
blu, gli azzurri ed i verdi tipici dell’acqua sembrano invece tracimare dai
solchi di Piccolo fiume mentre con Enrica, un brano dedicato alla
moglie, si rientra in un ambito compositivo più rilassato e convenzionale,
nobilitato, però, da un’evidente e sentita ispirazione. In
omaggio alle origini chitarristiche del musicista, nei brani successivi c’è
molto blues ma anche una citazione di John Fahy ed una tamurriata. Amante
delle chitarre resofoniche, Balocco le lascia un po’ in disparte in
quest’opera, preferendo la calda sonorità delle Hobo guitars. Quando, però,
torna al primo amore, il timbro inconfondibile della National si fa apprezzare,
come nel caso di Djerba o di I Don’t Know Blues. Old
Japanese
chiude il disco con una cantilena affascinante ma che provoca qualche rimpianto. Toni
Balocco, infatti, ha una voce tanto bella quanto originale e, così, i tre
minuti del pezzo sembrano finire in un istante; davvero poco per non sentire la
mancanza di un seguito. In
attesa di un disco che lasci più spazio al canto, però, ci si può consolare
pensando che non sempre la fine di qualcosa è veramente una fine. In questo
caso, poi, se dopo l’ultima nota di Old Japanese non si spegne subito
il lettore audio…
DANIELE BAZZANI "Truss Roads" Picking, picking e ancora picking... una vera manna per gli amanti della famigerata tecnica del basso alternato, dal momento che la si può ritrovare in quasi tutte le composizioni del CD. Un limite? Assolutamente no; anzi, il punto di forza di un opera che è in grado di regalare agli appassionati ben otto composizioni originali di Bazzani oltre ad alcuni arrangiamenti di brani di successo, tra i quali spicca una splendida versione dell'italianissima "Azzurro". Certo, non mancano doverosi omaggi a Jerry Reed e dediche espresse a Chet Atkins ma il grande pregio di "Truss Roads" è quello di contribuire ad ampliare un repertorio picking che, se a Travis, Atkins, Reed e Dadi deve molto, non merita certo di essere trascurato dai nuovi talenti. Daniele Bazzani, da anni collaboratore della rivista "Chitarre", possiede il tocco preciso e pulito tipico dei pickers di razza e, cosa che non guasta, una vasta cultura musicale che gli consente di dar vita a composizioni che, pur restando nel solco della tradizione, presentano aspetti armonicamente evoluti. L'accordatura è quasi sempre quella standard, tranne che in "Settembre" e "La Fata" (DGDGAD) ed in "Flowin" e "Dadgad" ((DADGAD). L'open tuning in DGDEBD è invece riservata alla Hubbardiana "Steeplechase Lane". Due curiosità: il pezzo "Pushin" compare solo sul video "Chet & Jerry Live at the Bottom Line in N.Y. 1992" ed essendo stato trascritto proprio da quello storico documento visivo è, probabilmente, la prima volta in assoluto che viene inciso su CD. La seconda circostanza degna di nota è rappresentata dal fatto che ben tre brani "Mr. Atkins C.G.P.", "Melody" e "Travising" sono stati composti da Daniele dopo una giornata passata a guardare un video di Marcel Dadi che suonava la musica di Merle Travis. Un'ultima citazione la merita la versione offerta dal CD della celeberrima "The Claw", perché il pezzo presenta un'inedita parte centrale improvvisata, inserita allo scopo di non proporre l'ennesima copia conforme dell'originale.
DANIELE BAZZANI Fingerpicking.net Solo una decina di anni fa il
numero dei chitarristi fingerstyle italiani di livello internazionale era
ridottissimo. Oggi il movimento acustico è in netta evoluzione ed il gruppo d’eccellenza
si è notevolmente ampliato. A tanti nuovi artisti corrispondono tanti nuovi
dischi, spesso ottimamente incisi e di piacevole ascolto. Si è così passati da
una decina di opere di fondamentale importanza storica ad una gradita invasione
di materiale di pregio e qualità omogenea.
BEAT
BANG BAND Ancora
in volo BDS
Produzioni Discografiche
Seguendo
la via tracciata con il precedente Il nostro canto libero
(interamente dedicato a Lucio Battisti), il chitarrista rock Claudio
Rudella si è posto questa volta a capo della Beat Bang Band per
riproporre, dopo un profondo lifting operato sugli arrangiamenti, 12 tra
le più note composizioni degli anni 60. Il
cd inizia con un breve medley (formato da frammenti dei
brani originali) che rappresenta la porta virtuale che mette in
comunicazione il mondo mitico e naif dell'epoca con quello virtuosistico
e tecnologico di oggi. Già
dal primo pezzo, Bang Bang, si avverte la decisa svolta rock
impressa agli arrangiamenti. Il noto riff è stato irrobustito dal punto
di vista sonoro e reso più sinfonico, alla Brian May. Alcune
parti di chitarra, inoltre, sono state aggiunte per ovviare
all'originale ripetitività. Per
Ragazzo di strada non solo è stata utilizzata una timbrica
marcata ed aggressiva ma è stato affiancato un assolo più attuale a
quello della versione storica. Senti
l'estate che torna è stato il
primo, grande successo delle Orme ed è proprio la voce di uno dei
fondatori di quel gruppo, Aldo Tagliapietra, che appare di tanto in
tanto a partire dalla seconda strofa. La versione dei Beat Bang Bang,
ispirata ad un'estate caraibica, risulta molto ritmica e divertente,
grazie anche al sapiente uso delle percussioni. La
celeberrima Ma che colpa abbiamo noi è forse la composizione
contenuta nel cd che ha subito più modifiche sul piano armonico, senza
però risultarne stravolta e, anzi, traendo nuovo vigore dalla cura
ricostituente alla quale è stata sottoposta. Ispirato
a Gary Moore è invece l'arrangiamento che caratterizza Pugni chiusi.
Nel concepirlo Rudella ha preso spunto dall'album Blues for Greeny
e cioè da una esecuzione ambientata in un locale piccolo e fumoso. La
voce di Christian Pugliese risalta molto bene e riesce a dare il giusto
valore all'insieme. Nei
confronti di un brano mitico come la Miniera, l'approccio è
stato quanto mai prudente e rispettoso: difficile modificare un
capolavoro che non offre il fianco a critiche. La
chitarra elettrica è stata usata senza risparmio ed il ritornello è
stato concepito in modo da lasciare spazio ad un arpeggio destinato a
sottolineare l'ultima strofa, la più emozionante della canzone. La
validità del risultato ottenuto è certificata dal fatto che lo stesso
Vittorio De Scalzi ha accettato di mettere la sua voce al servizio di
questa versione del cavallo di battaglia dei suoi New Trolls. Del
cd fanno parte anche Sei già di un altro (Equipe 84), Come
potete giudicar (I Nomadi), Ragazzina Ragazzina (Giuliano ed
I Notturni), Il Mondo (Jimmi Fontana) e Sospesa ad un filo
(Salerno-Califano). Da
segnalare è l'azzeccato uso del tapping a chiusura del pezzo dei Nomadi
e la partecipazione all'incisione di Ragazzina Ragazzina di Giuliano
Cederle, l'interprete originale della canzone. L'unico
episodio strumentale dell'album, peraltro davvero pregevole, è
rappresentato da Il Mondo, inciso con una Fender Stratocaster del
1963 per ottenere un suono ancestrale e vissuto in grado di esaltare la
melodia; melodia che, nella parte centrale, è stata sostituita da una
orchestrazione ottenuta sovrapponendo più chitarre. La
formazione della Beat Bang Band è composta, oltre a Claudio Rudella
(chitarre e cori), da Fabio Boscarato (basso), Christian Pugliese (voce)
e Gianni Fantuz (batteria e cori).
KOZMIC BLUES ANDREA BENZONI "Solo" perchè interamente suonato da Andrea Benzoni, ma "Solo" anche perchè è la prima fatica discograficaaffrontata senza l’aiuto del chitarrista acustico Didi Maglioni. E’ un’opera prima
ma già incredibilmente matura per un chitarrista dotato di una grande tecnica
esaltata da un importanti come quelle di Martin Taylor e Joe Pass da un lato e di Tommy Emmanuel e Jim Nichols dall’altro. "Lullaby for Meghi e Milly" è l’unica composizione originale di un CD che comprende classici come "Norwegian Wood", "On Green Dolphin street", "Yesterday", "Blue Moon", "Tristeza", "The Shadow of your smile", "Isn’t she lovely", "Oye como va", "Che sarà" e "Lady Madonna".C’è tanto in questo disco, forse troppo. A volte Andrea sembra davvero esagerare con continue invenzioni che possono disorientare chi, ascoltando un brano noto, non ama divagazioni ritmico-armoniche che ne stravolgano la struttura. D’altra parte questo è lo stile di Benzoni, un chitarrista alla cui statura artistica i confini italiani vanno decisamente molto stretti.
ANDREA BENZONI "Amico mio"
"Amico mio" è un disco molto diverso dal precedente lavoro discografico, e rappresenta, per il chitarrista forlivese, l'opera della raggiunta maturità artistica. Tutti i brani suonano limpidi ed equilibrati senza che la prodigiosa tecnica di Benzoni abbia la meglio sull'innata sensibilità musicale e le evidenti capacità compositive. Certo, ascoltando "New Day" o "Caravan" è impossibile non rendersi conto che si ha a che fare con un chitarrista tecnicamente superdotato ma in pezzi come "Up & Down", "Night in Praha", "Amico mio" o "One" si rimane conquistati soprattutto dal fluido dipanarsi di atmosfere ovattate, mai banali o fotocopia una dell'altra. Si tratta, dunque, di un disco doppiamente coraggioso: da un lato perché con esso Andrea abbandona quasi totalmente la strada delle cover (accettando quindi il rischio di non "catturare" l'attenzione della parte meno attenta del pubblico) e dall'altro perché, rinunciando in parte alle proprie caratteristiche di "Superman" della chitarra, perde il vantaggio dell'immediata riconoscibilità da parte di chi lo ascolta. Questi sono, tuttavia, rischi che è giusto correre perché Benzoni rappresenta un vero e proprio patrimonio per il chitarrismo italiano ed i fuoriclasse non possono ostacolare con decisioni prese a tavolino la naturale propensione all'evoluzione. Alla realizzazione dell'opera hanno collaborato Giuseppe Ettorre (Primo contrabbasso solista dell'Orchestra e della Filarmonica del Teatro della Scala di Milano) e Danilo Rossi /Prima viola solista dell'Orchestra e della Filarmonica del Teatro della Scala di Milano), fornendo, ovviamente, un apporto tutt'altro che secondario alla sua riuscita. In conclusione, "Amico mio è un CD di innegabile qualità, da ascoltare più e più volte per il piacere di valorizzarlo compiutamente ed apprezzarne a fondo le molteplici sfumature. Questo vale anche per la foto di copertina, apparentemente dimessa, ed invece a dir poco suggestiva se osservata nella sua totalità (apprezzabile distendendo le tre parti di cui si compone la confezione).
Pop Songs for Guitar Solo
ROBERTO BETTELLI “Guitar Solo Collection” Dopo aver dato ottima prova delle sue doti da compositore con il precedente "Guitar Experience", Roberto Bettelli ritorna alle origini dando un seguito a “Pop Songs for Guitar Solo”, un’opera che è rimasta nel cuore di molti appassionati della chitarra fingerstyle. “Guitar Solo Collection” è un CD che contiene 11 cover, alcune delle quali dedicate a brani che poco si prestano ad essere “compressi” in un arrangiamento per sola chitarra. Accanto ad estratti del repertorio degli immancabili Beatles e derivati (Blackbird, Hey Jude, Ebony& Ivory, Imagine), infatti, compaiono esecuzioni riconducibili a Led Zeppelin (Kashmir), James Brown (I Feel Good), Pink Floyd (Money), AC/DC (Back in Black) ecc. Questo è reso possibile dalla grande tecnica del chitarrista di Gubbio ma anche dal suo modo di procedere. L’intento di Roberto non è quelo di riprodurre il più fedelmente possibile i brani prescelti (o, perlomeno, non sempre) ma di ricercarne l’essenza per poi restituirla filtrata dalla sua sensibilità artistica. Toglie, aggiunge, modifica ma non stravolge. Il risultato è un qualcosa che viene percepito come rispettoso del modello di partenza ma, nello stesso tempo, immediatamente riconducibile alla sua filosofia di lavoro. Bella ed efficace, nella sua semplicità, “Imagine”, piacevole e suggestiva la”Every Little Thing She Does Is Magic” di Sting, trascinante la Back in Black degli AC/ DC. Nel disco c’è spazio anche per una composizione originale dedicata a Michael Hedges e ad un medley composto da “The Flight Of Bumble Bee”, “Turkish Delight” e Hungarian Dance”. Di tutto di più, insomma, per un CD che vale davvero la pena di acquistare.
BORIS
BURSAC “Back
From The Past” Fingerpicking.net E’ strano ascoltare un chitarrista croato che suona il picking come se fosse nato a Nashville e lo sembra ancor più sapendo che si tratta di un musicista poliedrico capace di percorrere la tastiera di un pianoforte con la stesa perizia che dimostra su quella di una sei corde. Ascoltando tutto il CD ci si rende però conto del fatto che le composizioni composizioni costruite intorno al basso alternato non rappresentano che una parte dell’opera. Vi sono, infatti, omaggi diretti a Chet Atkins e Jerry Reed (“Young Thing”, “Struttin’”) e composizioni originali che ne rispettano lo stile (“Fingers”, “Jerry’s Touch”, “For Ella”) ma anche atmosfere diverse come quelle generate da “Berlin”, “Blues”, la “Line’ Em Up” di J. Taylor od il “The Beatles Medley”. La semplice ma piacevolissima versione della “You Are The Sunshine Of My Lif” di Stevie Wonder, poi, vale, da sola, la spesa necessaria per l’acquisto del disco. Disco fresco e gradevole, “Back From The Past” pur essendo rivolto ad un pubblico specializzato è prevedibilmente destinato a piacere a molti.
ALBERTO CALTANELLA “Il profumo dell’acqua” Fingerpicking.net “Il profumo dell’acqua” è un dipinto ad olio su tela di Massimiliano Longo, utilizzato per dar vita ad una copertina delicata ed originale che si sviluppa all’interno della custodia integrandosi con la cover del CD. L’insolita confezione ed il riferimento all’acqua rappresentano un biglietto da visita ideale per un’opera che si rivela fresca e piacevole. Nessun tecnicismo, nessun passaggio mirabolante ma tanto buon gusto sorretto da un’evidente amore per la musica prima ancora che per lo strumento. Tutti i pezzi sono suonati col plettro, con l’aggiunta di una sovraincisione quando la composizione richiede l’esposizione di un tema, un abbellimento o un breve assolo. Molto buona la registrazione che esalta le risapute qualità sonore della Taylor 710 CE, strumento prediletto da Alberto. Le tracce 4 ed 8 sono riservate, rispettiamente, a “Imagine” e “Yesterday”, cantate da Michela Grena: una scelta che potrebbe apparire discutibile sotto il profilo dell’omogeneità dell’opera ma che trova giustificazione nella “filosofia” che ha portato alla realizzazione della stessa. I due arrangiamenti non sono, infatti, particolarmente elaborati ed anche la bella voce di Michela si attiene ad un’interpretazione rispettosa delle versioni originali, segno evidente del fatto che l’obiettivo (perfettamente centrato) di Caltanella era quello di offrire un prodotto in grado di essere ascoltato con piacere più e più volte. Questo non significa, naturalmente, che il CD sia portatore di una musica di puro consumo e priva di motivi di interesse. Basta, ad esempio, ascoltare la bellissima “il profumo dell’acqua” per rendersi conto del buon gusto e delle potenzialità di Alberto: un inizio in perfetto stile relaxing music seguito da un morbido arpeggio sul quale si innesta con sapienza prima il violoncello di Elena Vianello e poi la calda voce di Michela Grena. Da segnalare anche l’intervento vocale di Rosanna Lo Greco in “Danny Boy” e la “Fuinde” di Beppe Gambetta.
ALBERTO
CALTANELLA “L’albero
della vita”
Fingerpicking.net Con
il cd tra le mani, quando ci si pone alla ricerca dell’elenco dei brani che lo
compongono, ci si imbatte in una frase che ben si adatta alle caratteristiche
dell’artista e della sua musica: “Mi
piace pensare che la vita sia paragonabile ad un grande albero, un lungo ed
univoco percorso in una sola direzione, ma con molteplici sfaccettature, tante
quante i suoi rami” Si
adatta, in primo luogo, al personale approccio compositivo di Caltanella che,
dopo aver mentalmente costruito il motivo principale, passa a riprodurlo
attraverso la chitarra, dopo aver scelto l’accordatura ritenuta più adatta in
base all’esperienza. Un
procedimento parzialmente inverso rispetto a quello utilizzato dalla maggior
parte dei chitarristi che tendono, invece, a farsi suggerire il tema e lo
sviluppo della composizione proprio dalle open tunings. Un’altra
caratteristica che emerge dall’ascolto dell’Albero della vita è
l’accuratezza con la quale l’idea musicale è stata plasmata, segno evidente
di un percorso di affinamento della bozza di partenza non vincolato al tempo o
all’ansia di giungere rapidamente al risultato finale. Ne deriva un’opera
ricca di sfaccettature, impreziosita da una miriade di idee e spunti a volte
imprevedibili. Una
parte suonata in fingerstyle la si può infatti trovare solo nella prima parte
del brano che da il nome al cd. Le accordature utilizzate sono: EADGBE tuning in track 7, 9 - DADGBE tuning in track 6 - DGDGBE tuning in
track 4 - DADF#AD tuning in track 5 - DADGAD tuning in track 1, 12 - DGDGAD
tuning in track 8, 11 - DADEAE tuning in track 2, 3, 10. Tutti
i brani sono artisticamente interessanti ma ve ne sono alcuni che meritano una
citazione particolare, a partire da Flat Fuga Blues e L’albero della
vita. Probabilmente sono anche i più complessi: il primo dal punto di vista
esecutivo (dal momento che sottopone ad un duro lavoro la mano sinistra), mentre
il secondo dal punto di vista armonico. Intermezzo
è un
arrangiamento di un brano tratto dall'opera La Cavalleria Rusticana; un
brano non facile da arrangiare in flatstyle ma che comporta una sfida stimolante
come quella di trasferire un'intera orchestra sulle 6 corde. Saltarello,
invece, si rifà alla musica popolare rinascimentale, con la differenza che, nel
caso specifico, la cadenza della battuta è stata allungata ( 12/8 ) e vi è una
rivisitazione in chiave moderna. Il Tin whistle (flauto tipicamente usato nella
musica tradizionale irlandese) suonato da Mauro Martello rende la composizione
ancora più folk e “danzante”. Lo strumento, sempre suonato da Mauro
Martello, compare anche in Un sottile filo d'oro. Ad impreziosire
l’opera contribuiscono anche Michela Grena (voice in Both Sides Now) e
Riccardo Alfarè (Strings in Il nuovo giorno).
MARCELLO CAPRA
Marcello Capra è una
persona di spirito e siamo certi che non se ne avrà a male se sveliamo un
piccolo ritenendo la copertina quantomeno"disincentivante". Quando, però, si è trovato infine un "volontario", il suo parere sull’opera discografica è stato così positivo da indurre tutti gli altri all’ascolto. Non poteva, d’altra parte, essere diversamente, se si considera che Marcello ha un lungo percorso artistico e solidi studi musicali alle spalle. "Danzarella" propone otto brani acustici che, pur suonati con tecnica chitarristica tradizionale, sanno coinvolgere l’ascoltatore mantenendo sempre viva l’attenzione. Non è poco per un lavoro discografico che si regge esclusivamente su di una chitarra acustica. Il tocco è preciso, le radici musicali facilmente riconoscibili. In conclusione, si tratta di un’opera musicale che ci è piaciuta e che riteniamo interessante da proporre allanostra prossima Convention. Abbiamo così invitato Marcello Capra a Soave ‘99. Se i suoi impegni gli consentiranno di essere presente potrete farvi un’idea diretta della sua proposta musicale. TOAST S.a.s. Casella postale 64 10100 Torino - Tel. 0039/114342588 Fax. 0039/114343255
MARCELLO
CAPRA MARCELLO
CAPRA "Alchimie" è un disco nel quale, in venti minuti di sola chitarra acustica, si condensano esperienze, studi e ricerca stilistica di una carriera trentennale, iniziata in un'epoca in cui il significato ed il contenuto dei suoni prevaleva sulla tecnica formale e sterile che contraddistingue una buona parte della produzione odierna. Marcello Capra è un musicista completo, perché ha saputo tradurre in uno stile personalissimo un bagaglio musicale di tutto rispetto: dal "Rock Progressive" agli studi di contrabbasso al conservatorio, dalla ricerca sulla musica popolare del mediterraneo e dell'est Europa sino alle più significative esperienze nell'ambito della musica d'autore. Il CD contiene cinque brani di forte contenuto espressionistico, eseguiti con l'uso preciso e ritmico del plettro su corde di metallo. La ricerca melodica si evolve con lo sviluppo armonico, utilizzando posizioni a volte intenzionalmente limitate a due o tre corde. La particolarità e l'omogeneità dei brani dà vita ad un "contenuto" artistico esaltato da temi e armonie di notevole pregio. In conclusione, si può tranquillamente affermare che la musica di Capra è una "Musica totale" senza età e classificazioni e, trattandosi di musica d'autore, che rappresenta una vitale carica di energia italiana.
MARCELLO CAPRA
MARCELLO
CAPRA Ritmica-mente Toast
Record Musicista
tanto originale quanto prolifico, nel suo ultimo lavoro discografico il
chitarrista torinese resta fedele a quella particolare tecnica a plettro
di cui è indiscusso maestro. L’album,
acustico e strumentale, è interamente suonato con una Ovation Legend,
chitarra che da molti anni rappresenta lo strumento preferito da Capra
essendo particolarmente adatta all’utilizzo ritmico. Rispetto
alla opere precedenti, Ritmica-mente appare più coinvolgente sin
dal primo ascolto perché il consueto virtuosismo è posto al servizio
di temi più melodici ed armonie più semplici. Tutte
le composizioni sono caratterizzate (e non potrebbe essere diversamente
dato il titolo) da una forte componente ritmica ma si avverte un
maggiore controllo nel loro sviluppo; una tendenza a limitare
l’istinto in favore di una struttura dei brani volta a consentirne la
piena comprensione anche da parte degli ascoltatori meno evoluti. Non
si tratta, è bene precisarlo, di un limite,
perché l’immediatezza e l’apparente semplicità sono spesso
più apprezzabili di un tripudio di note, magari d’effetto, ma il cui
reale significato è destinato a rimanere accessibile a pochi “addetti
ai lavori”. Due
degli otto brani compresi nel cd non sono inediti: Rito e Maior.
Gli altri sei sono: Rinascenza, Soul Raga, Roxy Blues, Yucatan, Anima
d’Oriente e Ritmica-mente. Alcuni
titoli tradiscono la passione di Capra per i viaggi ma è la sua musica,
in generale, che risente delle influenze derivanti da culture diverse,
alternando a citazioni riconoscibili altre scaturite da itinerari senza
confini intrapresi con il solo aiuto della fantasia.
ANDREA CASTELFRANATO Il suo precedente lavoro discografico è così piaciuto al chitarrista ragtime Antoine Payen da indurlo ad un "passa parola" che ha portato Castelfranato ad esibirsi sul prestigioso palco del Festival Internazionale di Issoudun. Questo cd contiene alcuni dei brani che hanno entusiasmato il pubblico francese (come, ad esempio, la splendida "To fly like the wind") ma anche molto, molto altro. Una delle sue caratteristiche più evidenti, infatti, è rappresentata dalla grande varietà stilistica. Accanto a composizioni tipicamente fingerstyle basate sulla tecnica del tapping a due mani, trovano posto con naturalezza raffinati blues caratterizzati dall’espressiva voce di Dago Red e dall’armonica di Marco Pellegrini (There’s no time") ma anche arrangiamenti di classici della tradizione napoletana ("O sole mio / Tarantella") e citazioni flamenco. "Endlessly Mine", poi, è una pop song che non sfigurerebbe su uno dei dischi delle più acclamate cantanti americane, grazie alla musica di Andrea ed all’ottima interpretazione vocale di Silvia Di Lello (autrice anche del testo). A fronte delle molte contaminazioni stilistiche vi è, però, un filo invisibile che lega tutte le composizioni; un filo costituito da un’unica quanto sentita fonte d’ispirazione. Andrea Castelfranato, che in passato ha vissuto personalmente i disagi derivanti da una grave forma di insufficienza renale, ha infatti dedicato "If..." alla persona che, donandogli un rene, ha contribuito in modo determinante a cambiargli la vita e ad Angelo, un amico scomparso lo scorso anno. Un disco, quindi, che rappresenta tanti stati d’animo, come il rimpianto per quanto non è più possibile fare con le persone che ci hanno lasciato ma anche come quelli che spingono ad un approccio sereno e positivo con il futuro. "There’s no time", ad esempio, esprime la voglia di andare avanti inseguendo il proprio destino senza voltarsi indietro, perché la vita ed il vento ("To fly like the wind") volano e volteggiano continuamente. Questo concetto è rafforzato dall’evocativa "L’aquilone", posta a ricordo del fatto che l’esistenza di ognuno di noi è inevitabilmente legata al filo del proprio destino. Non vi è, però, tristezza in queste riflessioni: "If..." vuole soprattutto essere un incoraggiamento per tutti coloro che, ogni giorno, combattono contro delle malattie. Superare i problemi è possibile ed il percorso di vita dell’autore di questa magnifica opera ne è la prova più evidente.
PAOLO CATTANEO e GIOVANNI MONTEFORTE Dimensione verticale "Dimensione
verticale" è sicuramente un’opera atipica, ad iniziare dalla formazione
del quartetto che ce la presenta: due chitarre, un flauto ed un contrabbasso. La cosa
è del tutto comprensibile se si considera che il brano che da il titolo al CD
non è altro che un tema seriale. Consigliamo
chi al solo sentir parlare di musica seriale e dodecafonica tende a scartare
immediatamente l’ipotesi di un ascolto, anche solo superficiale, di non cedere
a questa tentazione. Al disco hanno preso parte anche Giuseppe Scarcella (flauto) e Franco Feruglio (contrabbasso).
FRANCO CERRI Di Jazz
in Jazz Ma veniamo al disco, anzi ai dischi, perché sono circa 70 minuti di sound distribuiti su quattro facciate. La confezione è sobria ed elegante, con il rilievo delle due date: "1945/1990" che racchiudono il periodo di raccolta. Il
lavoro è un insieme-collage che attraversa la produzione di Franco nell’arco
di quarantacinque anni. Ma non aspettiamoci di trovare pezzi celebrativi….
Direi invece che il buon gusto di Cerri lo ha condotto a realizzare una raccolta
attenta alle esigenze del pubblico: brani di ottima fattura, alcuni inediti di
sua firma ("Ciò nonostante" e "Leggenda"), musicisti di
valore e, soprattutto, la tensione nel costruire una storia sua ma anche del
jazz di marca italiana. Ascoltando queste incisioni si scoprono piccole curiosità come l’amore di Franco per il contrabbasso e la sua attività con questo strumento. Non è un caso, e forse dobbiamo a Lui qualcosa anche per questo, che suo figlio Stefano sia uno dei migliori bassisti che io abbia mai avuto la fortuna di sentire. Avevo
preparato fogli di appunti ascoltando i brani della raccolta e, come è mio
solito, non avevo letto neppure una riga del fascicoletto contenuto nella
confezione "a libro".
GIGI CIFARELLI Kitchen Blues Gigi Cifarelli è senz’altro uno dei chitarristi più significativi del panorama jazz italiano. Questo
suo secondo album esce a circa sei anni di distanza dal primo L.P. e rappresenta
un notevole progresso sia dal punto di vista stilistico che della produzione. "Kitchen Blues" è un lavoro nel quale il chitarrista trova una sua giusta dimensione musicale: un disco moderno, ma in armonia con i "Grandi ispiratori" del passato che vengono anche citati in due liriche e di cui si percepisce lo spirito in ogni brano, in ogni assolo. I musicisti che hanno collaborato alle incisioni sono tra i migliori della scena italiana: Danilo Riccardi, Demo Morselli, Amedeo Bianchi, Antonio Faraò, Massimo Colombo, Carmelo Isgrò, Alfredo Golino (presente in due brani) ed Enricio Rava (presente in un brano). La voce è di Angela Baggi ed è una voce calda, espressiva, molto "nera" e blues, che lega benissimo con la chitarra di Cifarelli, il quale si cimenta anch’egli nel ruolo di cantante. Tutti i brani sono freschi e spumeggianti, a cominciare dalla title-track dove, come anche in "The Game of life", Cifarelli fraseggia con la chitarra elettrica saturata, mentre lo troviamo alla acustica con corde in nylon in "Angie Swing" un pezzo lento e poetico, ma sereno. Nel resto del disco la protagonista è la prediletta acustica da jazz da cui il chitarrista sa trarre i colori più vari: dalla timbrica caldissima di "Letter to Wes", dove probabilmente suona con il pollice senza plettro, alla sonorità quasi funky che colpisce il tema strumentale piacevolmente dissonante e l’assolo centrale (con un crescendo coinvolgente) di "From Milan to Bahia". Il disco è pervaso di allegria e dinamismo e il fraseggio di Cifarelli è sempre molto stimolante ritmicamente ed intriso di blues come nello strumentale "Doctor Taylor" o in "Dream Jam", veloce swing introdotto dalla voce del chitarrista che traccia un sarcastico Walking-bass. "Kitchen blues" è insomma un disco vario e, direi, gioioso; impedibile per chi, amando il be bop, ma anche il jazz più moderno, non appartiene alla schiera di coloro che fissano con gli anni ’50 la fine dell’era della buona musica.
MARCEL DADI Guitar Legend
Guitar Legend, un cofanetto contenete due CD ed un libretto di intavolature di 132 pagine, ci presenta il lato più acustico di Marcel ed evidenzia la sua inesauribile vena compositiva. A diferenza dei Cd registrati a Nashville in compagnia di Chet Atkins, Larry Coryell, Albert Lee, Steve Morse e Bucky Barrett, infatti, in questo lavoro discografico Dadi è solo, ma incredibilmente efficace. Alternando le sue chitarre preferite (Ovation Adamas, Ramirez mod.Marcel Dadi e Frank Cheval "Princesse Marcel Dadi") per rendere meglio alcune atmosfere, ripercorre tutti i momenti più significativi della sua evoluzione artistica regalandoci una interpretazione attuale di brani composti nell’arco di quasi vent’anni. Questi CD sono la risposta migliore a chi si ostina, evidentemente per disinformazione, a catalogare Marcel come un pedissequo ripropositore dello stile di Merle Travis, poiché contengono composizioni che, pur sfiorando la quasi totalità degli stili musicali, non sono interamente riconducibili ad alcuno di essi. Lo stile che vi si trova è lo stile di Marcel Dadi, ed in qualche brano è già possibile ravvisare degli esempi di "Superpicking", la strabiliante tecnica recentemente ideata da Marcel per dare l’illusione a chi ascolta di trovarsi di fronte a ben tre musicisti diversi e non solo a due come accade con il picking convenzionale. In un brano suonato in Superpicking, infatti, oltre alla esposizione del tema ed alla parte del basso si può avvertire distintamente la presenza di un vero e proprio accompagnamento ritmico. In conclusione, chi vuole ascoltare il Dadi gran virtuoso o scoprire le suggestioni del Superpicking deve indirizzarsi verso altri lavori discografici; questo cofanetto è consigliato a tutti coloro che vogliono capire, attraverso un ascolto "mirato" di tutta la sua meno recente produzione artistica, perché questo artista si sia guadagnato la stima ed il rispetto di tutti i più grandi musicisti del mondo.
ALESSANDRO DIAFERIO “Some Days” Ancora poco noto presso il grande pubblico, Alessandro Diaferio è però un chitarrista che vanta una lunga esperienza concertistica maturata suonando in numerosi Festival accanto ad artisti quali Tolo Marton, Rudy Rotta e Blue Staff, oltre ad una fitta rete di collaborazioni con alcuni dei più noti artisti dell’area milanese come Aida Cooper , Tonino De Sensi ecc. “Some Days” è il primo lavoro solista e presenta, oltre ad una composizione originale, sei cover ampiamente collaudate grazie allo stabile inserimento nella scaletta dei suoi concerti. I brani classici si alternano a quelli pop senza stridenti “salti” di atmosfera grazie a modalità di arrangiamento che si rifanno ad una filosofia operativa ben precisa. In primo luogo la scelta del repertorio è basata su composizioni classiche nate per organici ampi e, dunque, comportanti la necessità di essere presentate, esattamente come i pezzi pop, con una veste essenziale ma, al tempo stesso, rispettosa della loro integrità. Di grande aiuto al lavoro di sintesi sono state le molte accordature aperte utilizzate. Si va dalla DADF#AD del Bolero di Ravel e di “Buffalo Soldiers/Breathe di Bob Marley/Midge Ure alla DADGBE di “Time After Time”, dalla DADGBbE di “Scena” (da “Il lago dei cigni” di Tchaikovsky) alla DGDGBbD della “Danza Araba” (“Suite dello Schiaccianoci”), ed alla DADGBE della “Promenade” dai “Quadri di un’esposizione” di Musorgskij. Curioso notare che il solo caso in cui è stata utilizzata un’accordatura standard è quello relativo all’unica composizione originale presente nell’opera: la bella e melodica ”Per te”. “Some Days” è un CD il cui ascolto richiede attenzione, sia perché, fatalmente, sarà soprattutto il chitarrista evoluto ad apprezzarne l’ineccepibile tecnica esecutiva, sia perché supportato da una grande ricerca di personalizzazione dei brani; ricerca che porta all’individuazione di percorsi nuovi e condivisibili nell’interpretazione di capolavori altrimenti difficili da “trattare” senza correre comprensibili rischi.
ALESSANDRO DIAFERIO Equilibrio Remajo
– Puty Production Alessandro Diaferio, foggiano
d'origine ma milanese d'adozione, ha avuto nel 2006 un felice esordio
discografico con un'opera, Some Days, che ne rispecchiava il
repertorio da solista acustico. L'originalità di quel primo
lavoro risiedeva non tanto nell'idea di riarrangiare composizioni famose
di musica classica o pop,
quanto nell'impostazione tecnica, evoluta ma non fine a sé stessa,
dell'esecutore. Era il costante ricorso alle accordature aperte ed il personalissimo modo di marcare le parti ritmiche a caratterizzarlo, rendendolo facilmente riconoscibile in un ambito musicale sovraffollato di musicisti malati di ipertecnicismo. Sotto un certo profilo Equilibrio è un disco coraggioso, perché proietta l'autore in una dimensione diversa, grazie alla presenza di numerosi artisti ai quali è stata lasciata una grande libertà esecutiva. Evidentemente, nel caso
concreto, la voglia di confrontarsi con altri musicisti ha avuto il
sopravvento sulla tentazione di insistere nella carriera solista dove,
pure, erano già stati fatti i primi passi verso la visibilità
mediatica. Difficile dire quale sia la
dimensione artistica più adatta ad Alessandro ma, quel che è certo. è
che Equilibrio è un'opera di grande qualità e di piacevolissimo
ascolto. Alla chitarra acustica di
Diaferio si affiancano la batteria e l'elettronica di Giovanni Giorgi,
il contrabbasso di Marco Vaggi, il pianoforte di Pancho Rangonese, la
tromba di Pepe Rangonese, la voce di Sergio Cocchi, la chitarra
elettrica di Giorgio Secco, l'oboe di Chicco Gussani e un quintetto
d'archi (Serafino Tedesi, Anita Della Corte, Doriana Bellani, Matteo Del
Soldà, Emanuela Campagnoli). Il disco contiene 11 tracce con
9 arrangiamenti (Amazing Grace, Third Stone From The Sun, ThebSound Of
Silence, Foxy Lady, Enjoy The Silence, Silenzio, Danze Polovesiane,
Voodo Chile) e 2 composizioni originali (Equilibrio ed Etno Etna). Nei titoli di ben tre brani
ricorre la parola “silenzio” e non è un caso, poiché questo
utilizzo del termine rispecchia un modo di pensare controcorrente,
secondo il quale è ormai giunto il momento di agire per sottrazione al
fine di rivelare la natura delle cose nella loro più destabilizzante
semplicità. Una filosofia di vita che si
riverbera nel modo di fare musica e che contribuisce davvero a rendere
il cd un piccolo capolavoro di equilibrio, alla creazione del quale
tutti gli interventi dei protagonisti forniscono un apporto utile,
misurato e di gran classe.
ALESSANDRO
DIAFERIO
Hendrix’s Tales
(cd) Accordature Aperte
(Metodo + cd) In
un momento particolarmente felice dal punto di vista professionale
Alessandro Diaferio ha firmato due opere alquanto stimolanti sia dal
punto di vista creativo che artistico. La
prima, un cd intitolato Hendrix’s Tales, è un lavoro
caratterizzato da una grande varietà di arrangiamenti che trovano
nell’originalità il principale punto di forza. Non
si tratta di un disco di sola chitarra acustica perché vi sono molte
parti vocali e perché Diaferio è sorretto da un ottimo gruppo di
musicisti come Pancho Ragonese, Ale “Pacho” Rossi, Sergio Cocchi,
Folco Orselli, Giovanni Giorni ed Andrea Bombardini. Non
si tratta di un disco di sola chitarra acustica perché Alessandro non
esita a lanciarsi in raffinati solo elettrici e ad utilizzare, oltre
alla fedele dreadnought, anche la resofonica, la dodici corde ed il
basso. Non
si tratta, soprattutto, di un disco che si limita a riproporre in forma
più o meno fedele un pugno di immortali composizioni del grande
musicista nero, perché Hendrix’s Tales è un’opera complessa
e personale che evidenzia un accentuato sforzo creativo teso alla
ricerca di una nuova via comunicativa. Non
per nulla sulla copertina capeggia una frase quanto mai significativa di
Jimi: ” Ci vuole un certo rispetto. Non si sceglie una canzone di
un autore qualsiasi. E non basta suonarla così com’è. Se ti piace
veramente, allora la suoni a modo tuo.”. Accordature
Aperte, invece, è un
metodo didattico dedicato alle open tunings. Anche
in questo caso, però, non viene a mancare il pregio dell’originalità
perché, al di là degli esercizi che propone, il suo vero fine è
quello di aiutare il lettore nella ricerca di un linguaggio personale
che lo stimoli all’allargamento dei confini della creatività. Il
motivo che ha portato artisti come Michael Hedges, Joni Mitchell o
Crosby, Stills, Nash & Young a cercare nuovi modi di accordare lo
strumento è, infatti, strettamente collegato alla loro ricerca di nuovi
orizzonti espressivi. Di
questo l’autore tiene conto nel tracciare un percorso didattico
progressivo che va dalle sonorità del pop-folk al country-blues, ma che
non esita a soffermarsi anche sulle opportunità offerte da un diverso
modo di accordare nel caso in cui ci si cimenti nella reinterpretazione
di un brano. E’
per questo che gli esempi di cover riportati nel manuale si riferiscono
spesso a composizioni di matrice classica. Diaferio, infatti, percepisce
come una vera e propria sfida il tentativo di ricondurre ad un solo
strumento ciò che viene inizialmente concepito per un'orchestra. Con
l’utilizzo delle accordature aperte gli orizzonti si possono allargare
e l'estensione dei suoni a disposizione cambia, permettendo l'uso di
registri propri di altri strumenti. In questo modo brani che sembrano
inavvicinabili possono essere maneggiati con dignità, senza perdere di
vista la giusta sensibilità ed il gusto. “Accordature
Aperte: una guida ispirata ai grandi artisti delle Open Tunings”,
inizia con dei consigli su come leggere e studiare l’opera per
arrivare a formarsi un proprio Pensiero Open. Capitolo
dopo capitolo il metodo insegna a comporre un accordo Open, a costruire
una accordatura personalizzata ed a sfruttare al meglio quelle più in
uso. Tra
gli esempi si possono trovare: "Promenade"
(da Quadri di un'esposizione di M. Musorgskij), il "Bolero di Ravel,
"A Slide for Jimi", "Scena" (da The Swan Lake di
P.I. Tchaikovsky), "Le Danze Polovesiane" (dall'opera Principe
Igor di A.P. Borodin) e "Amazing Grace", l’inno gospel di
John Newton.
DI MAGGIO
BROS:
FORASTIERE "Rag Tap Boom"
"Rag Tap Boom" è il primo lavoro solista di Forastiere, chitarrista acustico originario di Latronico (PZ) ma romano di adozione. Il CD presenta 13 composizioni originali, registrate in presa diretta e molto ben eseguite, nelle quali si fa ampio uso di accordature aperte, hammer on-off, percussioni sulle parti in legno della chitarra e tapping (probabilmente eseguito, in alcuni passaggi, a due mani). Si potrebbe quasi gridare al miracolo se non fosse per una certa mancanza di originalità. La fonte di ispirazione principale è chiaramente quella derivante da Michael Hedges, sia pure inevitabilmente filtrata dalla sensibilità latina di Forastiere. Non si può, però, prescindere dal fatto che, in Italia, questa strada artistica è da più di un decennio percorsa con crescente successo da Paolo Giordano: chitarrista di fama mondiale che, durante la lunga carriera, ha a sua volta ispirato decine e decine di musicisti. Questo non significa, naturalmente, che il chitarrista romano sia un semplice clone del Giordano degli esordi, anche perché è bene precisare che un certo modo di sviluppare le composizioni dipende, ovviamente, anche dalle accordature utilizzate e dal tipo di tecnica adottato; è dunque addirittura possibile, nonostante l'innegabile somiglianza di alcuni passaggi, che Forastiere non abbia mai ascoltato Paolo Giordano. Il giudizio globale su Rag Tap Boom è, in ogni caso, più che positivo: le doti tecniche ci sono tutte e la qualità delle composizioni non si discute. Se, come quasi sempre accade, l'esperienza porterà alla costruzione di un linguaggio musicale più personale, Forastiere avrà davanti a sé un futuro artistico a dir poco luminoso. Recensione di Marino Vignali
FRAMUS
VINTAGE Hans-Peter
Wilfer (ed.) Framus Vintage è un opera di
grande formato ed eccelsa qualità grafica dedicata ad uno storico
marchio di strumenti musicali. Nato nel 1946 grazie
all'iniziativa di Fred Wilfer (il nome deriva da FRAnconian MUSical
instrument) è dopo circa 10 anni dall'inizio della produzione che gli
strumenti creati dalle sapienti mani dei migliori artigiani della
Franconia cominciarono ad essere apprezzati anche fuori dei confini
nazionali grazie al loro utilizzo da parte di artisti all'epoca molto
noti come Billy Loranto (Bill Lawrence) ed il jazzista Attila Zoller. Dopo un primo trasferimento
della fabbrica a Bubenreuth, nel 1966 si è arrivati ad aprirne una
seconda a Pretzfeld e, nel 1971, è stato raggiunto il prestigioso
traguardo della produzione del milionesimo strumento. Purtroppo negli anni settanta
la feroce concorrenza degli strumenti giapponesi a basso costo ha
portato il marchio tedesco al fallimento. Nel 1982, però, il figlio di
Wilfer, Hans Peter ha deciso di creare il marchio Warwick dedicato alla
produzione di bassi elettrici ed è al successo di questa iniziativa che
si deve la rinascita della gloriosa FRAMUS alla quale è stato dedicato
anche uno splendido museo situato in Adoefer Straße 25 D-08258
Markneukirchen (www.framus-vintage.de). Non manca, ovviamente un
capitolo riservato alle informazioni tecniche ed uno incentrato sugli
artisti che hanno contribuito a fare la fortuna del marchio (Charlie
Mingus, Jaco Pastorius, Jim Hall, Jan Akkerman, Bill Wyman ecc.). Non esiste, infatti,
chitarrista che possa restare indifferente davanti a certi strumenti;
quasi ogni pagina nasconde una sorpresa e raggiunge l’insolito
risultato di stupire il lettore. Niente a che vedere con la
solita parata di Fender e Gibson tanto preziose e perfette quanto
ripetitive nelle forme. Le Framus sono strane,
esagerate, bruttissime e bellissime al tempo stesso. In altre parole:
assolutamente affascinanti. Non ci sono termini adeguati
per descrivere una SL-1002 con le sue 15 (quindici!!!) possibilità di
regolazione del suono, gli interruttori delle Fret Jet, il look della
Big 18 solid a doppio manico o la forma (forma ?!) della Memphis. Per non parlare delle
decorazioni “flower power” della Atlantic del 1968
o dell'opulenza della De Luxe 62 Attila Zoller signature.
Difficile, poi, resistere
all'appeal di una golden Television o di una President: non sono
chitarre, sono oggetti per i quali si può perdere la testa e,
francamente, il fatto che si possano anche suonare appare assolutamente
secondario. Detto questo, il sorriso nasce
spontaneo quando, giunti a pag. 194, ci si imbatte in una archtop
corredata da una didascalia che ne sottolinea l' extravagant designs.
Più convenzionali ma di ottima
fattura sono gli strumenti acustici, con una menzione particolare per le
12 corde, la cui ricca e raffinata timbrica ha conquistato musicisti
come John Lennon, David Bowie ed il “nostro” Lucio Battisti. In conclusione, Framus Vintage
è un'opera imperdibile per gli amanti del genere ed ha l'indubbio
pregio di valorizzare la storia di un marchio che ha saputo dare vita ad
un gran numero di strumenti originali e di ottima qualità.
LUCA FRANCIOSO "Schizzi su carta"
Personalità complessa quella di Luca Francioso: chitarrista, compositore, scrittore di romanzi ed amante delle Belle Arti in generale. E' sufficiente leggere il libretto che costituisce la copertina del CD per rendersi conto di come ci si trovi di fronte ad un'opera dalle molte sfaccettature. Una serie di pregevoli disegni di Giovanni Canova, ispirati alle musiche di Francioso, infatti, introducono una serie di dipinti sonori delicati ed evocativi. Alle note pulite della Taylor si aggiungono, di tanto in tanto, rumori ambientali, voci e, addirittura, brevi frammenti dei romanzi "Ad un passo" e "La retta è un cerchio che non si chiude mai"; frammenti letti, credo, dallo stesso autore. Se questa è la cornice dell'opera, come stupirsi del fatto che le 15 composizioni siano contrassegnate da titoli come "Martino va a caccia di lucciole" ed evidenzino una spiccata abilità nel trasmettere sensazioni ed emozioni. Inutile andare a caccia di virtuosismi tecnici. La chitarra di Luca ha come unico fine quello di dipingere con le note paesaggi a volte reali ed a volte fantastici. E' per questo che il livello generale del disco risulta omogeneo e diventa difficile, al termine dell'ascolto, distinguere con precisione un quadro sonoro dall'altro. C'è, però, un momento dell'album particolarmente suggestivo, tanto da rimanere facilmente impresso nella mente: quello compreso tra la delicata "Carfon" e la non meno affascinante "Gli occhi di Giulia". Un CD, insomma, adatto agli amanti del bello; chitarristi o meno che siano.
LUCA FRANCIOSO “Luoghi” Fingerpicking. Net L’iniziare l’analisi di un CD dalla descrizione della copertina non ha, in questo caso, nulla di irrispettoso. La confezione, elegante ed elaborata, di “Luoghi”, infatti, non rappresenta un escamotage per nascondere la mancanza d’idee dell’autore, ma, al contrario, contribuisce a delinearne la complessa personalità. Le composizioni di Francioso, chitarrista fingerstyle ma anche scrittore, sono accomunate, nella diversità, da una perfezione formale che non ne intacca freschezza e comunicatività. Non ci sono arpeggi o passaggi di routine in questo lavoro discografico; ogni singola nota è parte integrante di un progetto ben definito, frutto di una ricerca personale che tende a privilegiare la originalità e l’immediatezza dei brani. Molto suggestivo lo svilupparsi di “Un’altra luna”, grazie anche alla tromba di David Boato, mentre l’evocativa “Ai piedi del colle” è immediatamente riconducibile alla produzione dell’artista veneto presentando molti degli elementi che caratterizzano la sua proposta musicale. Al contrario, il pur
pregevole lavoro di tapping e armonici che si ascolta ne “Le cavallette” non
aggiunge nulla alla qualità artistica di “Luoghi”. Sembra una parentesi
inserita più che altro per evidenziare la padronanza delle tecniche esecutive
attualmente più gettonate ma non appare in linea con la filosofia dell’opera. Luca Francioso è indubbiamente dotato di un gran talento e della capacità di trasmettere emozioni attraverso la musica, per questo, più di altri, deve guardarsi dal tecnicismo fine a se stesso. Una menzione particolare va ad “Haiku (i passi)”, un vero gioiellino impreziosito da un finale insolito in cui il sax di Jacopo Jacopetti si inserisce in modo tutt’altro che banale. Di “Luoghi” esiste anche un libro contenente le partiture , intavolature comprese.
LUCA FRANCIOSO
LUCA FRANCIOSO Tra i sogni ed il cuscino Fingerpicking.net Tra i sogni e il cuscino è un’opera affascinante che rappresenta, tre anni dopo, la continuazione ideale di The Show, un romanzo la cui colonna sonora era costituita da un cd inserito nella confezione. Non si trattava allora (come non si tratta oggi) di un’operazione puramente commerciale ma del naturale punto d’unione delle due anime artistiche di Francioso: quella di scrittore e quella di musicista. In The Show i temi trattati erano l’amore, il talento ed il desiderio di attenzione di un uomo, mentre ispiratore di Tra i sogni ed il cuscino è un “cucciolo d’uomo”, il figlio di Luca: Simone. Una fiaba per ogni giorno della settimana accompagnata da una delicata composizione fingerstyle: una sorta di kit per la gioia e la serenità del bambino; un modo coccolarlo aprendogli le porte di un mondo fantastico ma rassicurante. L’ottava traccia del cd, E’ arrivata la notte, consiste nella ripresa del primo brano cantata dalla voce di Claudia Ferronato, mentre i suggestivi disegni del libretto e della copertina sono di Lorenza Troian. I soggetti delle fiabe sono di Luca e della moglie Novella Agostini. Anche se il progetto è fondato su un’idea tenera ed originale, non bisogna commettere l’errore di sottovalutarne l’aspetto musicale. Chitarrista fingerstyle preparato e dotato di una ragguardevole tecnica, Francioso ha sempre dato il meglio di sé nei brani dall’incedere lento ed evocativo. La costruzione della colonna sonora di una fiaba non può, dunque, che rappresentare un’occasione straordinariamente favorevole per l’esercizio del suo talento. Il consiglio rivolto a chi desideri approfondire la conoscenza di questo originale artista veneto è, pertanto, quello di non limitarsi all’ascolto della sua discografia tradizionale ma di accostarsi con fiducia anche alle opere ibride.
LUCA FRANCIOSO Il Segno Fingerpicking.net Il 2010 è stato un anno molto produttivo per lo
scrittore/musicista Luca Francioso, dal momento che sono stati
pubblicati 4 singoli, 1
thriller, 1 libro didattico e ben 2 CD. Il
primo, dedicato alla nascita del secondo figlio, è un disco di ninne
nanne (Prima di chiudere gli occhi) e rappresenta il seguito del
fortunato Tra i sogni ed il cuscino. Il
secondo album,Il segno, è invece un opera complessa ed ispirata
che riesce nella non facile impresa di conquistare al primo ascolto.
Questo perché, se è vero che la prolificità non sempre si accompagna
alla qualità, nel caso concreto il decimo disco registrato in studio
appare, se non il migliore, sicuramente come uno dei più belli incisi
dall'artista veneto. I
12 brani, tutti eseguiti esclusivamente con la chitarra acustica,
trattano con le note un tema importante come quello del talento. Secondo
Francioso, la vera battaglia quotidiana è quella di non tradire le
proprie inclinazioni perché solo restando sé stessi si può essere
realmente felici. Ognuna delle composizioni
costituisce un tassello del discorso artistico e filosofico complessivo. I
Cercatori d'oro sono coloro che
credono che dentro di loro esista un potenziale da ottimizzare e
che si dedicano per tutta la vita alla sua ricerca con metodo, fiducia
ed entusiasmo. Una
volta individuato il Segno, il proprio talento, è necessario seminarlo
e non a caso la quinta traccia, Nella terra, è dedicata alla
passione che gli agricoltori pongono nella coltivazione; passione e
slancio che ognuno deve avere cura delle proprie inclinazioni. Anche
Dal fuoco, un tango, rappresenta una tappa del racconto musicale
e più precisamente, secondo l'autore, costituisce un inno alla scelta
che tratteggia l'invidiabile condizione di coloro che fanno di quello
che amano un mestiere. Dal
punto di vista tecnico il disco suona particolarmente bene ed il merito
va principalmente alla catena audio di altissima qualità che è stata
utilizzata dal True Colours Studio di Padova, ma in parte anche
all'inconsueta scelta di accordare la chitarra con la nota di LA
sincronizzata sulla frequenza di 432 Hz invece di quella di riferimento
di 440 Hz.
Pochi
forse sanno che la scelta del LA a 440Hz come frequenza di riferimento
mondiale è stata operata a Londra nel 1953 in modo arbitrario, tanto da
venir definita da alcuni “disarmonica” in quanto priva di valenza
scientifica se rapportata alle leggi fisiche che regolano l’universo. Che
ci si trovi d'accordo o meno con questa teoria, quello che è certo è
che Il segno ingenera in chi ascolta, oltre al piacere prodotto
dall’ottima musica, anche un tangibile senso di tranquillità e relax.
ALBERTO
GROLLO Riconoscente
verso i maestri David Crosby, Lennon & Mc Cartney, James Taylor e Mark
Knopfler, in questo nuovo album rende loro il miglior omaggio d’artista e
cioè uno stile autonomo ed elettrico, lirico ed immediato, che nulla concede a
virtuosismi fini a se stessi. Collaboratori di elevato livello (Riccardo Zappa, Pietro Nobile e Scott Nienhaus, il nuovo chitarrista dei Byirds) oltre ad ottimi comprimari quali Claudio Mazzer al thin whistle e Davide Ragazzoni alla batteria. Peccato che l’album non sia di facile reperibilità, pur essendo distribuito da un’etichetta veramente interessante come la High Tide di Mestre.
ALBERTO
GROLLO & SIMONE CHIVILO' Dalla collaborazione tra Alberto Grollo (noto chitarrista veneto che vanta un’ampia discografia oltre ad un recente DVD didattico: "Introduzione alle accordature aperte") e Simone Chivilò (produttore, arrangiatore, chitarrista ed autore di colonne sonore di film) è nato un cd dal gusto decisamente "Speziato intenso", non fosse che per il fatto di essere dedicato ai vini italiani. Sarà per la fonte d’ispirazione o forse per l’evidente affiatamento esistente tra i due musicisti, certo è che il risultato si può ben descrivere unendo altri due titoli delle composizioni contenute: "Rotondo e profondo"; un vero "Tocco di classe". Si tratta di fingerstyle acustico sostenuto dagli interventi disceti ma incisivi di ottimi musicisti come James Thompson al sax, Piero Brovazzo al piano ed alle tastiere, Werner Bauhofer alla steel guitar, Edu Hebling al basso e contrabbasso, Moreno Marchesin alla batteria, Eneas "Animesh" Da Silva e Claudio Mazzer alle percussioni, oltre a Vincenzo Favara alle congas e Gigliola alberti alla voce. Da sottolineare è poi l’intervento alla 12 corde di Riccardo Zappa. Quanto ai due protagonisti, c’è da dire che Grollo si è dedicato, oltre che alla composizione ed alla chitarra, anche ad alcune parti di tastiere e percussioni mentre a Chivilò si devono notevoli interventi all’elettrica ed alcune linee di basso. Il risultato complessivo è notevole ed induce facilmente ad un ascolto ripetuto. Ci sono pezzi come "Organolettico" che non perdonano: una volta entrati in testa è difficilissimo liberarsene. Troppo piacevoli, troppo facili da memorizzare per non restarne coinvolti. Chivilò ha firmato solo tre dei 12 brani ("Tocco di classe", "Terre antiche" e "Speziato intenso") ma quello d’apertura è un gioiellino che mette subito di buon umore grazie ad un arrangiamento ondeggiante sorretto da sonorità calde e ruffiane. L’opera, peraltro, non ha punti deboli ed anche quando si fa meno originale mantiene inalterato l’elevato valore artistico grazie ad interventi strumentali tanto misurati quanto raffinati. Basta ascoltare "Bacco e tabacco" per capire come sia possibile dare vita a brani che assolvono il duplice compito di gratificare chi li esegue e di divertire chi li ascolta. Insomma, "Organolettico" è uno di quei dischi che, una volta inserito nel cd player della macchina, rischia di non trovare più la via del salotto di casa, tanto è piacevole ascoltarlo e riascoltarlo durante un viaggio.
PATRICE JANIA
PATRICE JANIA "Remembering
Marcel & Chet" Era da diverso tempo che Patrice Jania, chitarrista molto noto in Francia e leader dei "Superpicking", si dedicava all’ambizioso progetto di scrivere delle composizioni per chitarra ispirate allo stile di Marcel Dadi e Chet Atkins. Il risultato del lavoro è uno splendido libro, con incluso CD, diviso in due parti e contenente 12 pezzi per chitarra trascritti anche in intavolatura. La copertina patinata, una veste grafica curatissima, numerose foto e le riproduzioni di alcuni disegni di Marcel Dadi fanno di quest’opera un oggetto da collezione da conservare gelosamente. "Remembering
Marcel & Chet" inizia -e non poteva essere diversamente- con la
delicata "Week-end à Issoudun avec Marcel". Il brano, dedicato all’incontro
avvenuto tra Jania e Dadi alla Convention A.D.G.P.A. francese del 1989, è
particolarmente interessante sia dal punto di vista storico che tecnico, perché
si tratta della prima composizione in "Superpicking" non appartenente
a Marcel Dadi (l’ideatore di questa particolare tecnica che consente di
aggiungere ad una composizione già polifonica un accompagnamento ritmico
costante). Al di là della
proposta artistica, l’incisione è particolarmente emozionante perché
permette di risentire la voce del "Re del fingerstyle" ed apprezzarne
il tono perennemente scanzonato. Vi sono poi le dediche di Martine Fournier (sorella di Marcel Dadi), Marino Vignali, (Presidente dell’A.D.G.P.A. italiana), Mark Pritker (Presidente della C.A.A.S. americana), Alain Giroux e Jacques Stotzem (chitarristi fingerstyle), Roland Dyens (chitarrista classico), Hugues Aufray (Cantante-chitarrista notissimo presso il grande pubblico francese) e Franck Cheval (liutaio). In conclusione, quella di Patrice Jania è un’opera davvero impedibile per tutti coloro che apprezzano la sua musica e quella di due tra i più grandi chitarristi fingerstyle di tutti i tempi.
SIMONE
LISINO Ad un’opera
discografica destinata ad alimentare il flusso continuo delle produzioni fusion
si chiede soprattutto una scintilla vitale, un qualcosa che la distingue dalle
altre mille. A parte
due composizioni di Mario Zara, le altre otto appartengono tutte a Lisino. Le
atmosfere sono a volte riconducibili al jazz classico, oltre al funky, o a
quelle rilassate della new age.
LOWLANDS Gypsy
Child Dopo
il fortunato esordio discografico, dovuto ad un'opera prima di notevole
livello artistico, The Last Call, il vero problema dei Lowlands, band
italiana capitanata dal cantautore italo-inglese Edward Abbiati,
era rappresentato dalla necessità di non compiere passi falsi per
non compromettere una carriera promettente ed il successo testimoniato dai
sold
out dei loro concerti italiani (e non solo). Conquistata
la prima pagina del portale del Corriere Della Sera nel 2009, infatti, al
loro secondo cd (EP Vol.1) era
stato affidato soprattutto il compito di non far pesare troppo l'attesa
della seconda vera prova discografica, rappresentata da questo Gypsy Child
che propone una musica che spazia dal rock (Only rain, Street
Queen, Gotta be) a brani piu' introspettivi ma egualmente
coinvolgenti (He Left, Cheap Little Paintings). Si tratta di un disco maturo prodotto dallo stesso Abbiati, affiancato da Roberto Diana, un giovane chitarrista molto promettente; un disco al quale i confini nazionali vanno decisamente stretti, considerato che la loro musica ha attirato l'attenzione delle radio, delle riviste e dei siti europei ed americani. Maverick, la rivista inglese considerata la bibbia dell'alternative country, ad esempio, ha recensito positivamente tutti i loro lavori. Il
gruppo vanta numerosi componenti ed ognuno di loro è dotato di indubbia
personalità. Oltre al già citato Roberto Diana alle chitarre elettriche,
buzuki
e dobro, vi è Chiara Giacobbe al violino, Simone Fratti al basso, Stefano
Brandinali alle tastiere, Phil Ariens Mercaldo alla batteria e Stefano
Speroni alla chitarra acustica. Immediatamente riconoscibile è, poi, la
voce di Edward Abbiati, che sembra nascere dalla fusione di quelle di Bruce
Springsteen e John Fogerty. Graffiante e delicata al tempo stesso,
rappresenta, insieme ai riff ritmici del violino, uno degli elementi più
caratteristici del sound dei Lowlands. C’è
infine da dire che all'incisione hanno collaborato diversi ospiti illustri
quali Mike Brenner (lap steel), Joey Huffman -Soul Asylum, Lynyrd Skynyrd-
(hammond), Richard Hunter (armonica), Tim Rogers -You Am I- (voce e
coautore del testo di Gotta Be). Il tutto e' stato mixato da Chris Cacavas,
tastierista del Green On Red.
WALTER LUPI “Zumiè” Zumiè è un disco di fingerstyle allo stato puro, non a caso ispirato dall’ambiente in cui è immerso l’omonimo paesino di montagna della Val Vestino Il
senso di libertà che solo il verde e le montagne sanno dare è, infatti,
assimilabile alla libertà che si è preso il chitarrista milanese rispetto ai
riferimenti stilistici tradizionali come il fingerstyle blues, quello jazz,
quello ragtime ecc. "Zumiè" "Anjiori" e "Ametista" sono invece riconducibili alla ben nota vena melodica di Walter che, esaltata da un perfetto controllo delle dinamiche e da un tocco invidiabile, contribuisce a fare di lui un punto di riferimento nello scenario fingerstyle internazionale. Unico
brano non originale di Zumiè è "The water is wide" che è stata
arrangiata ispirandosi alle soluzioni armoniche del grande "Morricone"
per dargli un'impronta di Italianità.
WALTER
LUPI Sulle
Corde Dell'Anima Tributo
a Lucio Battisti Music
Experience Production www.walterlupi.net L'ultima
lavoro discografico del chitarrista milanese offre agli ascoltatori un bel
mix di tecnica e di cuore. Non si tratta, palesemente, di un'operazione
ruffiana ma di un tributo che nasce dall'amore sincero per le opere del
duo senza tempo Battisti-Mogol. Quando
si è in possesso di una tecnica esagerata come quella di Walter Lupi,
infatti, è facile lasciarsi trasportare dalla tentazione di stravolgere
le composizioni originali per ostentarla o, più semplicemente, per
lasciare il marchio indelebilmente della propria personalità artistica. Sulle
Corde Dell'Anima, invece, presenta 11 brani, tutti perfettamente
riconoscibili e quanto mai efficaci dal punto di vista dell'impatto
sonoro. Il merito di questo risultato è in parte attribuibile al sapiente
uso delle accordatura aperte ed in parte alla qualità della registrazione
(sono stati utilizzati microfoni Sennheiser MKH40-P48 e Rode NT 100) ed
alla maniacale cura del suono che deriva da un'esigenza di Lupi definibile
come estetica. A
proposito delle accordature utilizzate è interessante constatare come a
quella amatissima da Walter (EAEG#BE) sia stata affiancata in Emozioni e
l'Aquila quella caratterizzata dal solo basso in D, mentre, in ben 6 casi,
è stata conservata l'accordatura standard. Questo farà particolarmente
piacere a quei chitarristi che, per pigrizia o per scelta, si accostano
malvolentieri allo studio dei brani che richiedono un preliminare
intervento sulle meccaniche. In
molte delle esecuzione viene utilizzata una tecnica battezzata
dall'esecutore Flat-Finger, in quanto utilizza il dorso dell'unghia per
ribattere le note consentendo un fraseggio melodico molto simile al
movimento labiale o al ritmo (spesso in sedicesimi) che il testo impone. Composizioni
come Dieci ragazze per me, Mi ritorni in mente e La
collina dei ciliegi riescono a mantenersi particolarmente fedeli alle
versioni originali proprio grazie all'uso di questa tecnica. Merita
una segnalazione Una giornata uggiosa, oltre che per
l'introduzione, per l'idea del ritmo in 7/ottavi che deriva da un
intuizione di un ottimo ex allievo di Lupi, Danilo Di Prizio. Resta
da dire che tutto il cd è stato suonato con una magnifica chitarra
costruita da Aldo Illotta (www.italiansguitar.com).
GAE
MANFREDINI
Ci sono dischi che meriterebbero maggior fortuna. Purtroppo il mercato discografico italiano è quello che è. Non consente una distribuzione capillare dei CD non destinati alle classifiche di vendita.
PIETRO
NOBILE
La tanto attesa nuova fatica discografica di Pietro Nobile si presenta, già dal titolo, come un’opera intimistica caratterizzata da una grande forza evocativa.
ANTONIO
ONGARELLO
Chi era a Soave all'ultima Convention A.D.G.P.A. ha potuto conoscere di persona Antonio
Ongarello: Chitarrista-autore, insegnante di grande spessore. In quella occasione, partendo dalle versioni originali di due brani standard famosi, è riuscito, in un seminario di una sola ora a spiegare alcune tecniche fondamentali di riarmonizzazione jazzistica, condendo il tutto con consigli preziosi e gustosi aneddoti. Alla fine dello stage ha presentato, con chiarezza e modestia, il metodo da lui scritto e dal quale aveva tratto gli argomenti didattici poco prima discussi.
GIOVANNI PALOMBO ACOUSTI TRIO Folk Frontiera “Folk Frontiera” rappresenta un coerente seguito del precedente “Duos & Trios” ma anche la prima occasione di ascoltare il trio formato, oltre che dal chitarrista romano, da Feliciano Zacchia alla fisarmonica e Francesco Lo Cascio al vibrafono. Un altro musicista partecipa, però, alla costruzione delle delcate costruzioni sonore: Gabriele Mirabassi, abile clarinettista che lascia la sua decisa impronta in ben 4 dei 10 brani, tutti firmati da Palombo. Ad un primo ascolto verrebbe da dire che non è un disco per chitarristi ma un’opera d’atmosfera adatta ad un pubblico ben più vasto di quello specializzato. In
realtà non è proprio così, perché vi sono anche tre pezzi di sola chitarra
(“Maggio bevuto o’ suonno”, “Promessa d’amore”, “La nostalgia dei
poeti”) e, tra l’altro, molto belli. La musica proposta è il risultato di un incrocio tra influenze jazz e latine, con la fisarmonica di Zacchia che riporta istintivamente a tipiche atmosfere di derivazione argentina. Un disco, insomma, di ottimo livello che si può ascoltare come sottofondo in ogni momento della giornata ma che, se analizzato con attenzione, offre numerosi spunti di interesse dal punto di vista tecnico e compositivo.
GIOVANNI PALOMBO "Duos & Trios Guitar Dialogues Acoustic Music Records Il CD (Il quinto del musicista romano) è un'opera che merita grande attenzione anche da parte di chi non è solitamente interessato alla musica per chitarra. Questo (è doveroso specificarlo) non significa, indirettamente, che ci si trovi in presenza di un'opera non appetibile per gli amanti del fingerstyle ma, al contrario, che la presenza di articolate atmosfere acustiche intarsiate da strumenti come il sax, il vibrafono, la fisarmonica jazz, il pianoforte, le percussioni ed il basso fretless, contribuisce ad ampliare considerevolmente l'ambito dei virtuali fruitori della proposta artistica. I diversi strumenti, tuttavia, pur ritagliandosi spazi tutt'altro che marginali nello sviluppo dei brani, non ridimensionano il ruolo principe della chitarra ma, al contrario, lo esaltano con la creazione di deliziose cornici sonore. Il merito principale va, ovviamente, attribuito a Giovanni Palombo, il quale, oltre ad essere un ottimo compositore, ha anche il pregio di non cedere a tentazioni esibizionistiche che potrebbero, attraverso l'imposizione di rigide linee guida ai partner, rendere meno comunicativa l'opera. In "Guitar Dialogues" si può ritrovare il condensato delle esperienze accumulate dal chitarrista romano suonando, negli ultimi anni, in duo ed in trio. Si spazia da un dichiarato "Omaggio ad Astor (Piazzolla)" a momenti in cui si fondono frammenti di jazz e di musica latina, senza che, per questo, venga limitata la naturale propensione al guitar solo, sapientemente sviluppato con un'eccellente tecnica fingerstyle ("Mr. Kelly" e "Gioiosa marea"). Musicista completo, Giovanni Palombo rappresenta, senza dubbio, una delle punte di diamante del movimento acustico italiano e merita senza riserve la notorietà di cui gode.
GIOVANNI
PALOMBO La
Chitarra Acustica Fingerstyle, gli Stili e le Tecniche Playgame
Music (DVD) Camera
Ensemble Helikonia
Factory Records (CD) ,Acoustic
Shapes, disegni melodici ed armonici
della chitarra fingerstyle Edizioni.
Carisch (Libro più CD) Negli
ultimi mesi il chitarrista romano ha visto concretizzarsi ben tre progetti
editoriali: un DVD didattico, un CD ed un libro che raccoglie gli spartiti di
alcune tra le sue migliori composizioni. Il
DVD La Chitarra Acustica Fingerstyle, gli Stili e le Tecniche rappresenta
un viaggio nel mondo della sei corde acustica, condotto attraverso gli stili.
Servendosi principalmente di brani originali, ma anche di alcuni classici come
il brano ragtime The Entertainer e quello celtico (in accordatura DADGAD)
Sheeberg & Sheemore, Palombo illustra molte delle caratteristiche che
rendono la chitarra acustica uno strumento avvincente e completo. Ampia
la carrellata tecnico-stilistica offerta dall’opera: partendo dal classico
fingerpicking si approda al moderno fingerstyle ma non mancano il blues, il
country, alcuni elementi di jazz e qualche sfumatura rock. Anche
il tapping e la tecnica percussiva sono mostrate, a riprova del fatto che la
diversificazione dell’approccio allo strumento e la conoscenza di tradizioni e
scuole diverse costituiscono una base fondamentale per uno sfruttamento a360°
della chitarra acustica moderna. Nel DVD gli spartiti (sia in musica che in
tablatura) sono raccolti in un file PDF, mentre un “contributo extra"
riporta l'esecuzione live, prima in prova e poi in concerto, del brano A
Briglie Sciolte, in una dinamica esecuzione in duo con il percussionista
Andrea Piccioni. Camera
Ensemble è invece opera del quartetto omonimo guidato da Giovanni Palombo. Questa
formazione vede, oltre alla chitarra acustica di Palombo, il sax e clarinetto di
Gabriele Coen, le percussioni e i tamburi a cornice di Andrea Piccioni ed il
violoncello di Benny Penazzi. Si
tratta di un lavoro di ricerca che lega il stile fingerstyle del chitarrista
alle esecuzioni in ensamble. Il risultato, originale, è rappresentato da una
miscela musicale che intreccia l'etnico al jazz,la forte melodia
all’improvvisazione, con citazioni di musica classica. Quartetto
dall’accento cameristico, Camera Ensemble ha una dimensione acustica nella
quale i diversi strumenti mantengono una forte identità, ma sono anche capaci
di sovrapporsi originando un unico suono stratificato e denso. Nell’ottica
del musicista romano il disco si pone coerentemente nella scia dei precedenti Duos
Trios e Folk Frontiera perseguendo lo scopo di rileggere la propria
cultura attraverso una contaminazione viva ed attuale Acoustic
Shapes è un libro che raccoglie otto spartiti (musica e tablatura).di
composizioni originali. Il sottotitolo disegni melodici ed armonici della
chitarra fingerstyle ben sottolinea l'intenzione di evidenziare i diversi
aspetti che sono presenti nello stile chitarristico dell'autore, e che mostrano
le diverse possibilità offerte dalla chitarra acustica: il lirismo
introspettivo di Omaggio ad Astor e La Profezia dell'Armeno, il
walkin' bass incalzante del blueseggiante Mr. Kelly, le sfumature jazz di
Ralphando (un omaggio al grande chitarrista e compositore Ralph Towner).
Oppure il rock vellutato di La Notte che Inventarono il Rock&Roll, i
suoni percussivi di A Briglie Sciolte, l'accento popolare di M'aggio
Bevuto 'o Suonno, lirica citazione della musicalità napoletana. Acoustic
Shapes è corredato da un Cd guida.
LUCA PEDRONI “Ottobre” “Ottobre” è
un’opera prima che, già dalla copertina, rispecchia il carattere sensibile e
riservato di Pedroni. L’ascolto delle 9 composizioni evidenzia uno dei maggiori pregi di Luca: quello di saper utilizzare senza incertezze tutte le principali tecniche chitarristiche senza, peraltro, abusarne. In particolare si percepisce la particolare flessibilità propria di chi, come l’artista varesino, prende la decisione di entrare in una rigorosa dimensione acustica dopo aver a lungo frequentato il mondo della sei corde elettrica. Quello che però manca in “Ottobre” è una composizione capace di affascinare al primo ascolto. Trattandosi di un disco d’esordio la cosa non sorprende. La legittima voglia di dare di sé un’immagine a 360° porta spesso a privilegiare la varietà delle atmosfere ed a porre in secondo piano il lavoro di caratterizzazione melodica dei brani. Poco male: Luca Pedroni ha talento, entusiasmo e tecnica sufficienti per far sì che “Ottobre” non resti un episodio isolato ma rappresenti, al contrario, il primo tratto di una strada professionale lunga e gratificante.
LUCA
PEDRONI A
different wavelength Distribuzione
Wondermark A
different wavelength
è un lavoro complesso che sorprende l'ascoltatore con nove tracce di difficile
classificazione stilistica. Ad
ispirarne il titolo e gran parte delle musiche sono state le fotografie di Diego
Boldini ma dal punto di vista strettamente musicale il progetto vuole
essere un omaggio ai Pink Floyd, il gruppo che, da sempre, ha influenzato in
modo evidente la creatività del chitarrista varesino. Si
tratta di un'influenza definibile più “filosofica” che stilistica, in
quanto Pedroni, musicista eclettico in grado di spaziare dal rock al funky, dal
metal al blues, dalla classica allo ska, ha scelto di utilizzare la chitarra
acustica, con varie tecniche fingerstyle, proprio per la capacità che lo
strumento ha di adattarsi a stili diversi, permettendo così all'artista di
tradurre in suono tutto ciò che lo circonda. Il
lavoro di ricerca risulta evidente con riferimento ad ogni composizione. Luca
dimostra di saper apprezzare dimensioni musicali tutt'altro che omogenee,
riuscendo però nell'impresa di far confluire la musica pop e le armonie
modaleggianti un po' beatlesiane con le ascendenze ritmiche "selvagge"
e dissonanti di Bela Bartok, l'impressionismo e il pittoricismo Debussyano con il
naturalismo acustico new age. Il
tutto senza tralasciare l'aspetto lirico e melodico, vera essenza e linfa della
musica . Per quanto riguarda la costruzione formale delle composizioni, il chitarrista varesino è dichiaratamente debitore a Children's Song di Chick Corea. Alcuni brani di questo disco, infatti, si distinguono per il "continuum" ritmico in forma di sincope, che si manifesta in due modalità: a volte è al basso in forma circolare, mentre a volte è lasciato alle voci centrali e acute. Nel primo caso fa da spinta motrice al tema minimalista sviluppato al canto in forma puntiforme e rimbalzante; nel secondo caso funge da accompagnamento al tema lasciato ad altri strumenti. La
chitarra è la grande protagonista di A different wavelength ma lascia
spazio, in Nuvole a pois, al sax tenore di Emiliano Romano e a quello
soprano di Max Pixio sostenendone lo sviluppo melodico con eleganti aperture
ritmiche. Alcune
composizioni come Acqua dolce
(ispirata ad un'immagine del lago di Varese) Luna Chiara o Maree
presentano titoli sin troppo eloquenti ma la natura evocativa della musica di
Luca è comunque evidente, tanto da metterne in chiaro risalto la sensibilità
caratteriale ed artistica Il
lavoro è stato coprodotto dall’autore e da Pietro Nobile; della promozione
dell’album in Svizzera si occuperà la Tetraktys Music di Max Pizio.
GIOVANNI PELOSI “Fretwalkin’” Fingerpicking. Net
“Fretwalkin’” non
è recentissimo ma vale la pena di segnalarlo perché l’ottimo lavoro svolto
come Direttore Artistico di “36” ha riportato sullo storico chitarrista
romano l’attenzione di tutti. James Taylor, uno degli autori da lui più apprezzati, è rappresentato da “Shower The People”, Pino Daniele da “E so cuntent’e stà” e “A testa in giù”. In totale sono ben 16 i pezzi contenuti in “Fretwalkin’”, un’opera che ben rappresenta uno dei più simpatici e stimati rappresentanti del fingerstyle italiano.
GIOVANNI PELOSI “Train-ing’” Fingerpicking. Net
“Train-ing”
contiene molti arrangiamenti per chitarra fingerstyle di noti brani di musica
pop ed in questo appare come la logica continuazione del percorso artistico che
da anni caratterizza il noto chitarrista romano. Molti sono i punti in comune
con il precedente “Fretwalkin’”, ad iniziare dagli artisti più
saccheggiati: i Beatles ( “Got To Get You Into MyLife”, Norwegian Wood,
“Oh! Darling”), Pino Daniele ( “Se mi vuoi”) e James Taylor (“Your
Smiling Face”, “Baby Boom Baby”) ma la scaletta dei brani evidenzia anche
una novità di rilievo, anzi, quattro. Lo
stile di Pelosi è molto personale ed immediatamente riconoscibile. La mano che percuote ritmicamente le code rappresenta uno dei suoi segni stilistici distintivi, così come la tendenza ad accelerare i temi suonati. Dal vivo questa sua caratteristica è molto coinvolgente ma su CD spiazza un po’ e richiede due o tre ascolti per metabolizzare tutte quelle note che sembrano “scappare” troppo velocemente. In alcuni casi, però ( “Blue Moon”, Il nastro rosa”), questa particolarità si sposa perfettamente con la struttura delle composizioni e contribuisce ad accrescerne l’incisività. Curiosamente, il Pelosi autore è molto più riflessivo e controllato del Pelosi esecutore. Lo sforzo creativo gli impone di analizzare con cura ciò che vuole esprimere e questo amplia la sua tavolozza di colori sonori con sequenze meno serrate e più evocative. Tra le quattro proposte originali ne spiccano due in particolare: la delicata “Pretty Girls” e la suggestiva “The last smockin’ train”, un gioiellino destinato a migliorare la sua espressività esecuzione dopo esecuzione. I fans di Giovanni non rimarranno certo delusi da “Train-ing” e, anzi, c’è fondato il “rischio” che la folta schiera vada ulteriormente aumentando
FRANCESCO
PIU Groove
Company Giovane chitarrista sardo alla
prima esperienza discografica ufficiale, Francesco Piu entra nella ristretta ma
qualificata cerchia dei rappresentanti del blues acustico italiano con
l’autorità e la convinzione di chi non è destinato a recitare il ruolo della
comparsa. Il cd non rende completamente
giustizia al talento di Francesco che nei concerti, libero da limitazioni
temporali, si lancia in improvvisazioni mai banali sostenute da una tecnica
evoluta e da un “tiro” formidabile. La presenza in “Blues Journey”
della Hendrixiana Manic Depresion, d’altra parte, è indicativa delle
influenze anche “elettriche” del chitarrista di Sassari. La dedica a Jimi è,
però, in parte contraddetta da assoli che, di tanto in tanto, ricordano il
Clapton dei tempi belli. Più adotta una tecnica mista che prevede
l’utilizzo del plettro supportato dall’anulare e dal medio ed una
strumentazione piuttosto varia che comprende una Martin HD28V, una Gibson
Hummingbird, un Dobro squareneck del ’64, un roundneck F-60, una guitar banjo
ed una Lap Steel artigianale “Frankie”, costruita da Francesco Porcu e
Fabrizio Sulliotti della liuteria “Last Beach” Il
CD comprende If you love me like you say di A. Collins, They’re red
hot di R.Johnson, I don’t need no doctor di R. Charles, I want a
little sugar in my bowl di N. Simone, Manic depression di J. Hendrix,
The jody grind di H. Silver, Harvest di N. Young e tre
composizioni originali, di due delle quali (Bedroom blues e Too late)
Francesco ha anche scritto il testo.
FRANCESCO
PIU Trio Live at Amigdala Theatre
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