Gianni Bergamaschi

 

Una storia da raccontare…

 

 

Avrebbe potuto essere un avvincente romanzo di spionaggio, amore ed avventura…

Appena un par di cento pagine.

Poi, però, anche per il timore di cacciarmi in chissà quali incalcolabili pasticci, ho preferito inquattarlo per sempre laggiù, in fondo a un cassetto.

 

Nosco Celata, acuto ricercatore e stimatissimo docente di storia presso un rinomato liceo lombardo, è ormai a un soffio dal mordere pubblicamente - dopo anni di metodiche e inquietanti ricerche - la terrificante struttura della più sofisticata rete di intercettazione e "progettazione" planetaria del terzo millennio, la GCNL (Rete di Controllo Globale Leviathan):

 

[…] un’organizzazione sovranazionale, sovragovernativa gestita da una ristrettissima ed eletta coalizione di Masters of the World legati da un patto occulto.

Governi di destra o sinistra, democrazie o dittature, non erano che figli fantocci di una tale mostruosa creatura, pure proiezioni strumentali, provvisorie e parziali d’un disegno più vasto ed eterno, sussistente al di sopra e al di là d’ogni umana dialettica: sovrapolitico, sovramilitare, sovraeconomico, sovraideologico. Autenticamente "metafisico".

Una sorta di dio nero, nerissimo, orientato al Male nel momento stesso di un illusorio perseguimento del Bene.

 

Si ritrova, però, sulla medesima, fatale orbita di collisione di un’irresistibile agente, la conturbante ed insidiosa Marina de Moraes, in missione a Parigi dagli States col preciso compito di liquidarlo elegantemente…

 

A fugare rapidamente ogni spiacevole riflessione di Nosco fu il calore ardentemente "mediterraneo" di due intensi e nerissimi occhi di ossidiana, incastonati esattamente al loro posto su un bel viso verosimilmente latino che da quel formicolante e vivace viavai repentinamente emersero, penetranti come due spilli, letteralmente trafiggendolo, anzi gradevolmente ferendolo, proprio come le frecce che ogni tanto scaglia Cupido e di cui a volte si dice, ma forse solo per parlare un po’ a vanvera.

Il nostro uomo riuscì a distoglierne lo sguardo solo per un brevissimo istante, e non senza difficoltà, dopo averli volentieri bevuti per qualche eterno attimo di estatica immersione, ma poi di nuovo ne fu disperatamente risucchiato.

Da quel momento, Nosco non si stancò di studiare con bramosa insistenza la giovane donna, neppure quando furono ormai trascorsi svariati e imbarazzanti minuti che tuttavia non sembrarono turbare nessuno dei due, né lui né lei che, ad un tratto, al modo di una musica avvolgente, si levò morbidamente dal proprio tavolo e prese a muoversi con grazia verso di lui, serbando nella sinistra un bicchierino di terroso "whiskey" del Kentucky e nella destra una sigaretta accesa poco prima. Avanzò fino a raggiungere la postazione da cui Nosco non aveva mai cessato di "assorbirla" con avidità. Una volta conseguito interamente l’obiettivo, gli si sedette di fronte, a poco più di mezzo metro, con levità appoggiando i gomiti sul tavolo, tendenzialmente protesa in avanti, con l’evidente postura insomma di chi ha intenzione di parlare con te, proprio con te e nessun altro.

Era davvero ciò che chiunque definirebbe un "bell’esemplare di fauna femminile", più o meno sulla trentina, altezza da manuale, asciutta e ben tirata, curve non esageratamente rilevate e ottimamente distribuite, incedere morbido e felino, vagamente swinging, abbigliamento leggero, variopinto e fluttuante, comunque ideale se l’intenzione era valorizzare linea e avvenenza, mentre dei capelli castano scuri, luminosi, lisci e ben pettinati, le ricadevano con ordine sulle spalle. Infine, ma non ultimo, un conturbante sorriso, tanto vibrante da mozzare il fiato, specie se coniugato con quell’ineffabile sguardo di cui si diceva, risultava dall’azione congiunta di due labbra singolarmente espressive e una superba chiostra di denti, talmente candidi e scintillanti da non sembrar neppure veri.

 

Avrebbe potuto essere un romanzo assai avvincente anche a parole… perché in musica la storia ha infine trovato una sua modalità d’esistenza - persino meno imbarazzante e rischiosa - vedendo la luce attraverso un bel CD intitolato “Spleen” presso la TRJ Records, una recentissima etichetta entusiasticamente dedita al jazz (http://www.trjrecords.it).

 

Se fosse stato possibile raccontare il tutto in un libro, i diversi capitoli - tanto per iniziare - sarebbero stati connessi da una vera e propria cornice, una sorta di passpartout in grado di inquadrare e giustificare in un coeso insieme ogni sequenza dell’intera vicenda.

Se ne può comunque avere un discreto esempio più o meno all’inizio dell’inedita storia:

 

Dopo aver terminato di riascoltare un paio di volte, non senza soddisfazione, il primo brano appena registrato, e "beccato" da entrambi quasi subito, Gianni, frugando lentamente all’interno del fascicolo di partiture da lui stesso predisposto per quella serie di sedute, rifletté un poco sul da farsi.

- Dopo Spleen vedrei bene qualcosa di vivace, pieno… vitale. Ad esempio, andrebbe benissimo, secondo me, un temino discretamente mosso, un po’ dinoccolato e ciondolante, sufficientemente articolato… ma non troppo complesso. Insomma, una melodia innanzitutto "cantabile" e poi che rompa con il clima di mesta solennità creato dal brano precedente. Così, ho pensato a Swinging. Il titolo non sembra suggerire immagini o contenuti che non siano di natura squisitamente tecnica… - propose Gianni.

- Infatti se ne possono trarre appena delle pure e semplici indicazioni a carattere strettamente musicale: si tratta di un 4/4, da eseguire con una buona dose di jazz feelin’, molto probabilmente un tantino scorrevole, da sviluppare a un certo punto mediante un solo o forse due… uno di chitarra, l’altro di contrabbasso… Quanto alla velocità esatta, qui sulla partitura hai scritto 1/4 =160; poi, magari, la vedremo meglio suonandola un paio di volte… Rispetto al racconto che hai intenzione di scrivere, però, come si pone un pezzo del genere? O meglio, a cosa devo pensare io, mentre lo suono? Chi, ad esempio, posso vederci dietro? E cosa dovrebbe sentirci chi poi l’ascolterà…? - osservò Mauro.

- Stavo giusto per dirtelo, ma tu hai anticipato le mie intenzioni. Allora, Swinging potrebbe benissimo coincidere con il vero inizio della vicenda, quello in cui il protagonista della storia viene presentato come un eroe positivo e "swingante", appunto, colmo di speranze, ma soprattutto di nobili illusioni. Comunque, energeticamente "carico" e pronto a schiantarsi, per un motivo valido, contro tutti i mulini a vento di questo mondo. Ovviamente, non si tratterà che di un "Nosco iniziale", ancora un po’ statico. Vi si potranno infatti osservare, nel corso del racconto, alcune necessarie trasformazioni: in verità, pure e semplici modalità di manifestazione, evoluzione o gioco dialettico di un’indole comunque coerente e disponibile a reagire come può, soprattutto emotivamente, ai diversi eventi che la coinvolgeranno - concluse Gianni.

 

 

(http://www.trjrecords.it/catalogo/catalogo.html à Fly Fingers Duo à CD “Spleen” à ascolto)

 

Swinging   (1/4 = 160)

 

 

La prima importante trasformazione del nostro uomo sarà appunto determinata dal fatale incontro con quella "donna del destino" di cui s’è appena detto…

 

 

Come nulla fosse, la donna cominciò a parlare allo sconosciuto, il quale restò palesemente impressionato dalla padronanza da lei via via dimostrata nell’uso della lingua italiana.

Esordì presentandosi.

Lo fece per tutto il tempo che le parve necessario, e così Nosco poté apprendere nome e cognome di lei, Marina de Moraes, "carioca" di Belo Horizonte, la sua abituale residenza - Stati Uniti d’America -, la professione che nel Grande Paese svolgeva - talent scout nell’universo delle arti visuali richiestissima da svariate gallerie della megalopoli atlantica -, e parecchie altre belle cose sul suo conto, dal momento che la giovane donna non sembrò mostrare alcun problema o imbarazzo nel percorrere in lungo e in largo il proprio curriculum anagrafico e professionale. Persino con troppa facilità anzi lo fece: fu l’istintiva impressione che lui ne ebbe.

Naturalmente, anche Nosco fornì, sia pur con fare più sintetico di quello di lei, tutte le proprie più indispensabili generalità. Sottolineò soprattutto il fatto di essere "italiano", particolare che, differentemente da quel che egli si sarebbe atteso, non contrariò affatto la donna, che anzi ne fu visibilmente allietata.

Poi la conversazione passò ad altro, e allora vennero toccati svariati punti più strettamente attinenti all’intima personalità di Marina, che anche qui manifestò una disarmante fluenza, cosicché in breve, narrando alcune semplici ma toccanti storie su di sé, intenerì, affascinò, coinvolse, rapì, sedusse, soggiogò Nosco al punto che egli ne fu, alla fine, perdutamente, imperdonabilmente innamorato.

Non ebbe più scampo. Incastrato come in uno scacco matto!

La donna parlò innanzitutto di sé, selezionando argomenti evidentemente mirati al tipo d’uomo che aveva di fronte: egli dovette apparirgli un ragguardevole esponente di quel "Club dei teneri di cuore" che sempre e assai facilmente sembra annoverare tra le proprie fila individui indiscutibilmente assai intelligenti e tuttavia - chissà poi perché? - mai troppo scaltri, e comunque inadeguati a cogliere determinate astuzie segnatamente "femminili":

- Spesso sono così ingenua e immersa nel mio "mondo", metafisico, surreale e incantato, che non mi rendo conto di quanto di spregevole e "negativo" possa albergare nell’animo della gente… Mi piace presentarmi sempre agli altri con un sorriso e la convinzione che questo sia "il migliore dei mondi possibili"; ma spesso l’illusione è compagna della delusione, e allora quel sorriso si tramuta ben presto nello sguardo atterrito dei miei occhi che cercano di frugare, indagare e scrutare in chi mi sta di fronte che tipo di persona sia. -

- E, alla fine, ci riesci…? -

- Per niente! Non sono affatto capace di catalogare, o meglio, ho bisogno di un lunghissimo periodo per capire e farmi capire dalle persone; sinceramente, dopo iniziali tentativi di "socializzare", in moltissimi casi ho gettato la spugna e ho preferito una discreta, educata "convivenza civile". Ma tu mi appari diverso dagli altri… -

- In che senso? -

- Mah… Non so… in te mi sembra di poter intuire qualcosa di cui ho profondamente bisogno. Sarà che in me non ha mai smesso di farsi sentire quel "fanciullino" che ci fa gioire e meravigliarci, patire e sconcertarci: vibrare, positivamente o negativamente… -

- È molto bello quel che dici. Delicato. Mi prende. Sai, in Italia il mio mestiere è quello dell’insegnante. In particolare mi interesso di storia e filosofia. Dunque, il mio punto di vista, e di conseguenza il mio rapporto con il mondo, anche in sintonia con un certo genere di ricerche che da qualche anno vado svolgendo, non è per definizione "poetico", ma tu ora, con le tue parole, stai solleticando mica da ridere una certa dimensione che dentro di me, forse, durante tutti questi anni ha sonnecchiato… -

I due rimasero lì a parlare come due innamorati, occhi negli occhi, di tanto in tanto sfiorandosi le dita, senza minimamente accorgersi dell’inesorabile trascorrere del tempo. Sorbirono un bel gelato, ordinarono un paio di altri gentili, "giovani" Calvados e nel frattempo andarono avanti con i loro racconti per un tempo immemorabile.

Ad un certo punto, una casuale e rapida occhiata di Marina al proprio orologio ricondusse tutto alla realtà. Seppero in tal modo che s’erano fatte le sei del pomeriggio, a loro totale insaputa.

In particolare, fu la donna a mostrarsi lievemente preoccupata di ciò, dal momento che - così disse - quella sera avrebbe dovuto necessariamente presenziare all’inaugurazione di un’interessante collettiva di artisti canadesi da lei stessa condotti in Francia dall’altra sponda dell’Atlantico.

Salutato in fretta Nosco, tuttavia giurando di dispiacersene non poco, Marina filò via di corsa e in pochi secondi imboccò una contorta stradina che in breve tempo la sottrasse completamente alla sua vista. Il nostro uomo, tanto bruscamente riportato alla più concreta esistenza, non poté godersi neppure la discreta consolazione di spiare per qualche grazioso attimo l’agile e attraente silhouette della stupenda ragazza sgattaiolare in prospettiva un po’ come in un bel quadro di Utrillo…

 

La giovane donna sarà fonte per il nostro uomo di ineffabili tormenti…

Così, ad esempio, un secondo abbandono da parte di Marina – che non si fece più vedere – segnò un’intensissima frantumazione della personalità di Nosco, un ripiegamento che fu soprattutto profonda delusione, chiusura, ridimensionamento di sé.

 

Persino, con la ripresa dell’anno scolastico, si dimostrò radicalmente mutato il suo modo di insegnare, di avvicinarsi alle proprie classi, ai ragazzi.

Le sue lezioni divennero quintessenziali, più qualitative e meno quantitative: neppure lui sapeva cosa lo avesse condotto a quel punto, permettendogli di scremare ogni questione tanto da non lasciarne che l’anima, il succo più intimo.

Ai suoi alunni, però, tutto questo decisamente piaceva: il dialogo fra loro si fece più chiaro, immediato, pulito e umanamente denso…

 

[…].

 

Fu grande la desolazione lasciata da quell’abbandono immotivato, senza ragione, proprio sul più bello, quando oramai alcuni aspetti problematici e lati "oscuri" del loro rapporto sembravano essersi risolti, appianati e tutto sembrava filare liscio come l’olio, in una sorta di passione che di lì a poco avrebbe potuto divenire addirittura travolgente. Dunque, un abbandono al cui riguardo Nosco non sapeva proprio darsi una spiegazione plausibile.

 

[…].

 

Tutto, fuorché la sua pena e quell’amore ancor bruciante e vivo, gli appariva maledettamente volgare e indegno della minima considerazione. In un tale stato non sarebbe andato avanti più di tanto. Qualcosa doveva accadere, qualche decisione andava presa…

Anni addietro, in Austria, visitando una celeberrima abbazia benedettina aveva acquistato, al bookshop dell’imponente complesso, un CD di fughe e adagi da poco incisi (così gli dissero) dall’organista stesso del monastero: Johan Berg. Quelle musiche gli erano subito piaciute, ma non aveva ancora avuto modo di apprezzarle con la dovuta attenzione.

Per quel genere d’esperienze occorreva che lo spirito fosse "pronto".

Ora, il suo certamente lo era: giunto a perfetta cottura.

Per una catena di insondabili ragioni, se ne ricordò esattamente in quei giorni.

Ne aveva un matto bisogno.

Introdusse il dischetto nel lettore.

In particolare, lo catturò un brano struggente, di una bellezza addirittura disperata: Stift.

Titolo dell’intera opera, in una lingua per lui non del tutto comprensibile, qualcosa come "Signore, cosa potrò mai essere lontano da Te…".

 

Quella musica lo aiutò, fece sì che il dolore da tempo intollerabilmente concentrato in lui catarticamente fuoriuscisse come un fiume in piena, senza ostacoli o inibizioni, liberamente, tantricamente (non era forse questo che aveva imparato molti anni addietro quando s’era dato allo studio di un certo genere di buddismo?).

Via tutto il bene e tutto il male! Svuotamento assoluto, per tornare ad essere una canna vuota, disponibile al libero passaggio di nuova energia cosmica.

Durò qualche settimana, ma ne uscì un uomo rifatto: "calmo e limpido", terso, con addosso una straordinaria voglia di vivere… ancora.

 

(http://www.trjrecords.it/catalogo/catalogo.html à Fly Fingers Duo à CD “Spleen” à ascolto)

 

Stift   (1/4 = 60)

 

 

 

 

Quanto al perverso, cosmico complotto al cui cospetto la stessa Marina in fondo non era, lei pure, che una meschinella e inconsapevole (dunque incolpevole) pedina di scarso peso, esso non poteva suscitare nell’animo di Nosco che una malinconia "rinascimentale", una contemplativa consapevolezza certamente dovuta al liberatorio disvelamento del "gioco", e tuttavia ancora intrisa di karuna, la buddistica "compassione" che paradossalmente irretisce l’uomo nell’illusione, schiavo della maya.

 

Tutto questo nel CD “Spleen” viene “detto” là dove, in un titolo a dir poco esiguo, palpitano sentimenti infiniti: You.

 

(http://www.trjrecords.it/catalogo/catalogo.html à Fly Fingers Duo à CD “Spleen” à ascolto)

 

You   (1/4 = 100)

 

 

 

Nel brano trova voce un distaccato dominio, un sereno padroneggiamento della materia, con tutte le sue emotive urgenze, nella lucida, benché incantata, consapevolezza della vanità del tutto, non escluso quel gioco superficiale e insulso a cui ogni uomo o donna sembra attribuire chissà qual valore, ma che alla fine lo annienterà.

 

Contemporaneamente, va snocciolandosi anche la "cornice", la concreta vicenda dei musicisti, Mauro Sereno e Gianni Bergamaschi, più d’una volta alle prese, nel corso della registrazione, con eventi di una banalità delirante…

 

[…] proprio mentre stavano registrando Acquerello - una rarefatta ed evanescente tessitura pastello -, entrò in campo - fortunatamente solo al termine di un’irripetibile performance di Mauro al contrabbasso -, la poderosa e strepitante mietitrice meccanica che costrinse i due ad una pausa forzata.  

Stava sistemando almeno un ettaro di prato tagliando l’erba per cerchi concentrici sempre più piccoli, gradualmente procedendo dall’esterno verso il cuore del vasto quadrato.

I due musicisti calcolarono che per tornare nuovamente sotto la loro finestra in antico abete e vetro unico quell’uomo avrebbe potuto impiegare all’incirca due minuti e mezzo. Così deliberarono di far ripartire il registratore esattamente sul solo di chitarra che Gianni, più ispirato che mai, magistralmente espose. Quando anche quest’ultimo rientrava in porto, per la verità non senza lasciar trasparire un’impercettibile trepidazione all’altezza delle note conclusive, l’uomo minacciosamente puntava verso di loro, ma il veliero era ormai saldamente ormeggiato, sicuro nella rada.

Dalla contentezza, si lasciarono andare ad una lunga ed esaltante jam session.

 

Quanto a Nosco, solo un vero ritorno alle più remote origini, alla malinconica, travolgente "canzone del mare", gli consentirà di ricostruirsi convenientemente:

 

(http://www.trjrecords.it/catalogo/catalogo.html à Fly Fingers Duo à CD “Spleen” à ascolto)

 

Vagues   (1/4 = 120)

 

 

 

  

Aaah… la musica delle onde, l’eterna risacca, l’incessante, ritmico andirivieni, il respiro di una Materia da cui tutto ha origine e a cui ogni cosa per necessità fa ritorno: creazione, distruzione, memoria, oblio…

 

Sospesa

tra spazi

senza orientamento

né dimensione,

libera,

infinita,

la grande teoria

ondulatoria

del mare…

 

 

Che fine farà Nosco?

 

 

Limpido salpò un mattino,

verso oceani di domande

senza risposta.

 

 

Quali sequenze potranno essere mai sottese alle note dell’alquanto obliqua Belo Horizonte?

 

(http://www.trjrecords.it/catalogo/catalogo.html à Fly Fingers Duo à CD “Spleen” à ascolto)

 

 

Belo Horizonte  (1/4 = 150)

 

 

E soprattutto… che "donna" sarà mai quella che, come in una teofania, si manifesterà in modo tanto abrupto nell’inatteso finale?

 

All’uomo che nella desolata corsia le domandava se esattamente quello fosse il nome da trascrivere nel certificato di morte o piuttosto non si trattasse di… un affettuoso nomignolo… d’un confidenziale appellativo… la donna trasognata rispose che, sì, “Nosco” era stato il nome di lui: “Nosco”, che in latino vuol dire conosco…

 

THE END